IL COMANDANTE CACACE ED UN NAUFRAGIO FINITO A LIETO FINE

Nemmeno la fantasia e la penna di Jorge Amado, scrittore brasiliano specializzato in storie di porti e marinai, avrebbero potuto partorire una storia simile

 

(Fonte eugeniolorenzano.wordpress.com)

È una storia veramente accaduta quella che mi accingo a scrivere. Nemmeno la fantasia e la penna di Jorge Amado, scrittore brasiliano specializzato in storie di porti e marinai, avrebbero potuto partorire una storia simile. Questa storia è dedicata al comandante metese Francesco Cacace, recentemente scomparso, uno dei protagonisti degli accadimenti.
Nel lontano fine Novembre del 1991 un marinaio sorrentino del tipico villaggio di pescatori di Marina Grande, Angelo Garbo si recava con un gozzo cabinato dal porticciolo di S. Lucia di Napoli verso Marina Grande di Sorrento. Era stato incaricato dal proprietario dell’imbarcazione per tale trasferimento. Angelo era un marinaio da diporto esperto, un uomo di mare che aveva diviso l’esistenza tra la sua famigliola e l’attività di pescatore e/o marinaio nel suo piccolo borgo incantato di Marina Grande. Era aduso a tale tipo di operazioni di trasferimento a fine ed inizio stagione su commissione dei proprietari delle imbarcazioni da lui spesso curate e vigilate. Insomma Angelo era un lupo di mare, sicuramente non alla sua prima uscita in mare. Nel mentre si trovava più o meno nel mezzo del suo tragitto di rotta un’improvvisa avaria blocca il motore. Angelo Garbo si trova nel bel mezzo della parte occidentale (quindi esterna e di mare aperto) del Golfo di Napoli ed una forte corrente da nord-est a lui sfavorevole inizia a trascinarlo verso il mare aperto. All’epoca i cellulari erano rari e solo pochissimi ne erano dotati, Angelo non ne era provvisto. In una giornata di tempo e mare variabile di fine Novembre Angelo tenta di utilizzare la piccola radio di bordo, che ahimè non funziona. Il marinaio non si perde d’animo e tenta di capire quale fosse il problema al motore e la causa dell’avaria. Dopo alcune ore di vani tentativi per riparare l’avaria, Angelo inizia a preoccuparsi seriamente e capisce che la faccenda si fa seria. Il gozzo è cabinato ed è dotato di frigorifero fortunatamente c’è una bottiglia d’acqua. Nel frattempo, purtroppo la corrente spinge l’imbarcazione sempre più verso sud-ovest ovvero verso il mare aperto. A Marina Grande di Sorrento i figli di Garbo, Luigi e Gaetano lanciano l’allarme avvisando le autorità competenti, tra le quali ovviamente la Capitaneria di porto. Le ricerche cominciano, ma inizialmente si cerca nel Golfo di Napoli. Durano l’intera giornata seguente l’avaria, senza dare esito. La situazione diventa drammatica. Anche i razzi di emergenza sparati in alto non sortiscono lo sperato effetto. Il giorno seguente proseguono le ricerche da parte delle motovedette della guardia costiera, ma di Angelo e del gozzo cabinato… nemmeno l’ombra. Oramai tutti pensano al peggio! Rimane viva solo la speranza. Nel frattempo Angelo si era organizzato, cercando si segnalare la sua presenza arrotolando il giubbino a mò di banderuola. Angelo centellina l’acqua a bordo nel tentativo di resistere quanto più possibile in attesa di un soccorso. Il 1 Dicembre finalmente si trova a passare su quella rotta la motonave “Francesco Amoretti” della società “Marittima Emiliana s.p.a. comandata dal Comandante metese Francesco Cacace, da tutti conosciuto col nomignolo di Franco e’ cuntessa, dall’atavico soprannome di famiglia. Paradossalmente ad accorgersi dell’imbarcazione di Garbo non è nessun uomo della coperta, bensì il cameriere di bordo Giuseppe Iaccarino detto mezzanotte originario di Piano di Sorrento casualmente trovatosi sul ponte di comando e attirato da questo piccolo gozzo sul quale vede sbracciarsi un uomo con un giubbino che utilizza come elemento segnalatore. Il cameriere capisce al volo di cosa sia successo e passa subito all’azione. (dalla sua diretta testimonianza) Giuseppe era benvoluto dal Comandante che spesso lo richiedeva imbarcato al suo fianco. Giuseppe è un uomo di fiducia del Comandante e quindi senza perdere tempo si reca nell’alloggio del Comandante Cacace richiamandone l’attenzione ed avvisandolo della presenza di un natante in difficoltà e probabilmente fermo in avaria. Franco Cacace, esperto comandante di lungo corso, si reca in fretta in coperta e prende immediatamente in mano il controllo della nave per avvicinare il gozzo in avaria. La manovra si rende difficile, anzi difficilissima perché un vento maldestro di libeccio agita il mare. Con perizia ed abilità visiva il comandante riesce ad accostare vicino al gozzo. Ahimè, la nave è semicarica, quindi l’altezza sulla paratia è notevole, quindi Iaccarino proditoriamente trasborda dalla nave al gozzo e riesce ad aiutare il naufrago, ormai tanto allo stremo che beve l’ultimo sorsetto d’acqua dalla propria bottiglia. Il mare si agita sempre più ed il libeccio é sempre impietoso nel Tirreno meridionale; l’operazione di trasbordo avviene a 48 miglia a sud-ovest di Punta Carena (Capri). Il cameriere riesce a far salire imbracato il naufrago sulla nave. Angelo viene soccorso e nutrito dall’equipaggio della “Francesco Amoretti”. Iaccarino e Franco Cacace con la collaborazione degli altri ufficiali e marinai riescono a malapena a sistemare in qualche modo il gozzo a causa del mare sempre più agitato dalla progressiva libecciata. Il contatto radio tra la “Moretti” e la guardia costiera viene stabilito e per evitare alle piccole motovedette della capitaneria di porto di arrivare sino al punto di recupero del natante e del marinaio, il Comandante con grande carisma e umana professionalità decide di portare il naufrago con se sino al porto di Augusta, sito di destinazione della nave. Il Libeccio è una brutta bestia e quindi la traversata non sarà facile. Garbo ancora traumatizzato dall’esperienza vissuta mangia e beve con estrema lentezza e parsimonia, quasi a riabituarsi alla “quotidiana normalità”. Si riprende con cautela dopo esser stato alloggiato dallo stesso cameriere in una cabina libera e rimane sorpreso dalla provenienza del comandante e del cameriere che gli hanno salvato la vita. Sembra proprio una storia d’altri tempi, uno di quei racconti di James Conrad. Salvare la vita ad un uomo è un’esperienza nobile, ma salvare la vita ad un conterraneo lo è doppiamente ed è il vero omaggio alla memoria del Comandante Cacace scomparso nel mese di maggio del 2020.

EUGENIO LORENZANO

Una recente foto del Comandante Francesco Cacace
Foto di Angelo Garbo con la moglie, il marinaio naufragato sorrentino di Marina Grande, salvato dal Comandante Cacace
Giuseppe Iaccarino, detto “e mezzanotte” cameriere di bordo