Francesca Diotallevi e la fotografa invisibile: Vivian Maier

Parla della fotografa statunitense, esponente di spicco della street photography, della cui attività artistica si sapeva ben poco fino a pochi anni prima della sua scomparsa

 L'immagine può contenere: 3 personePiano di Sorrento – Francesca Diotallevi nell’ambito di “Letti in giardino” , parla di Vivian Maier, la fotografa statunitense invisibile che è stata esponente di spicco della street photography, della cui attività artistica si sapeva ben poco fino a pochi anni prima della sua scomparsa.

In uno dei punti più verdeggianti della Costiera, il “Giardino della gallina felice”, a Meta alle ore 20:00 del 18 luglio, la scrittrice milanese sarà sottoposta ad un “interrogatorio” da parte dell’insegnate Marilù Ruggiero, che desidera sapere, davanti ai tanti spettatori che interverranno, i perchè, i come ed i quando del libro “Dai tuoi occhi solamente“.

New York, 1954. Capelli corti, abito dal colletto tondo, prime rughe attorno agli occhi, ventotto anni, Vivian ha risposto a un’inserzione sul New York Herald Tribune. Cercavano una tata. Un lavoro giusto per lei. Le famiglie l’hanno sempre incuriosita. La affascina entrare nel loro mondo, diventare spettatrice dei loro piccoli drammi senza esserne partecipe, e osservare la recita, la pantomima della vita da cui soltanto i bambini le sembrano immuni.
La giovane madre che l’accoglie ha labbra perfettamente disegnate con il rossetto, capelli acconciati in onde rigide, golfini impeccabili. Dietro il suo perfetto abbigliamento, però, Vivian sa scorgere la crepa, il muto appello di una donna che sembra chiedere aiuto in silenzio. Del resto, questo è il suo lavoro: prendersi cura della vita degli altri.

L’accordo arriva in fretta. A lei basta poco: una stanza dove raccogliere le sue cose; una città, come New York, dove potere osservare le vite incrociarsi sulle strade, scrutare mani che si stringono, la rabbia di un gesto, la tenerezza in uno sguardo, l’insopportabile caducità di ogni istante. Ed essere, nello stesso tempo, invisibile, sola nel mare aperto della grande città, a spingere una carrozzina o a chinarsi per raddrizzare l’orlo della calza di un bambino.
Scrutare i gesti altrui e guardarsi bene dall’esserne toccata: questa è, d’altronde, la sua esistenza da tempo. Troppe, infatti, sono le ferite che le sono state inferte nell’infanzia, quando la rabbia di un gesto – di sua madre, Marie, o di suo fratello Karl, animati dalla medesima ira nei confronti del mondo – si è rivolta contro di lei.
Sola nella camera che le è stata assegnata, Vivian scosta le tende dalla finestra, lancia un’occhiata al cortiletto ombroso e spoglio nel sole morente di fine giornata, estrae dalla borsa la sua Rolleiflex e cerca la giusta inquadratura per catturare il proprio riflesso che appare contro l’oscurità del vetro.
È il solo gesto con cui Vivian Maier trova il suo vero posto nel mondo: stringere al ventre la sua macchina fotografica e rubare gli istanti, i luoghi e le storie che le persone non sanno di vivere.
Vivian Maier (USA, 1 Febbiario 1926 – 21 April  2009) e, soprattutto, la sua vasta quantità di negativi è stata scoperta nel 2007, grazie alla tenacia di John Maloof, anche lui americano, giovane figlio di un rigattiere. Nel 2007 il ragazzo, volendo fare una ricerca sulla città di Chicago ed avendo poco materiale iconografico a disposizione, decise di comprare in blocco per 380 dollari, ad un’asta, il contenuto di un box zeppo degli oggetti più disparati, espropriati per legge ad una donna che aveva smesso di pagare i canoni di affitto. Mettendo ordine tra le varie cianfrusaglie (cappelli, vestiti, scontrini e perfino assegni di rimborso delle tasse mai riscossi), Maloof reperì una cassa contenente centinaia di negativi e rullini ancora da sviluppare.Risultati immagini per libro dai tuoi occhi solamente Dopo aver stampato alcune foto Maloof le pubblicò su Flick, ottenendo un interesse entusiastico e virale e l’incoraggiamento della community ad approfondire la sua ricerca. Pertanto fece delle indagini sulla donna che aveva scattato quelle fotografie: venne a sapere che Vivian non aveva famiglia ed aveva lavorato per tutta la vita come bambinaia soprattutto nella città di Chicago; durante le giornate libere e i periodi di vacanza era solita scattare foto della vita quotidiana di città come New York, Chicago e Los Angeles. La maggior parte delle sue foto sono “street photos” ante litteram e dunque la Maier può essere considerata una antesignana di questo genere fotografico. Inoltre, la Maier scattò molti autoritratti, caratterizzati dal fatto che non guardava mai direttamente verso l’obiettivo, utilizzando spesso specchi o vetrine di negozi come superfici riflettenti.

La sua vita può essere paragonata a quella della poetessa statunitense Emily Dickinson, che scrisse le sue riflessioni e le sue poesie senza mai pubblicarle e, anzi, a volte, nascondendole in posti impensati, dove furono ritrovate solamente dopo la sua morte. Dal momento della sua scoperta, Maloof ha svolto una grande attività di divulgazione della sua opera fotografica, organizzando mostre itineranti in tutto il mondo. Vivian Maier utilizzava per scattare le sue immagini una macchina fotografica Rolleiflex ed un apparecchio Leica IIIc. La sua vita ed il suo lavoro sono stati oggetto di libri e documentari.

Francesca Diotallevi è nata a Milano nel 1985, laureata in Scienze dei Beni Culturali, è autrice di romanzi. Tra i suoi libri ricordiamo “Le stanze buie” (Ugo Mursia Editore 2013), “Amedeo, je t’aime” (Mondadori Electa 2015), “Dentro soffia il vento” (Neri Pozza 2016), ed il racconto pubblicato in e-book “Le Grand Diable, prequel di Dentro soffia il vento”. Nel 2018 ha pubblicato, sempre con Neri Pozza, “Dai tuoi occhi solamente”.

GiSpa