Ciro Ferrigno ne ‘il racconto del lunedì’ parla anche della loro storia
A Natale la nostra casa profumava di miele; è vero che tutte le grandi feste hanno i loro profumi, ma Natale un po’ di più. In genere l’antivigilia era il giorno ideale per preparare i dolci della tradizione: struffoli e zeppole. Io preferivo gli struffoli anche perché le zeppole di acqua e farina erano un po’ malfamate, nell’olio bollente potevano schizzare e arrecar danno a qualcuno; bisognava stare alla larga dal focolare e solo mia madre con un lungo forchettone si poteva avvicinare per girarle e rigirarle durante la cottura. Il profumo della frittura si mescolava con quello del miele sul fuoco ed il connubio diventava inebriante.
La preparazione e la cottura di quei dolci era un momento da vivere assieme, in festosa collaborazione e per questo la cucina traboccava di presenze: mia madre, le mie sorelle, zia Francesca con la nonna oppure Carmela De Maria con la madre Lisetta, persone che di cucina si intendevano. Loro friggevano tra chiacchierio e risate e la mia infanzia, la mia adolescenza profumavano sempre di più di quel miele che lentamente diventava liquido su quella fiamma destinata a custodire ricordi preziosi. Io andavo in cucina solo per rubare qualcosa: un cucchiaino di miele, dei canditi, degli struffoli appena cotti. Mi leccavo le dita per assaporare fino in fondo la dolcezza di quei dolci e di quei giorni, quando Natale era ancora Natale e non il trionfo del consumismo più squallido e pagano.
Da noi gli Struffoli sono il dolce per eccellenza dei pranzi e delle cene che scandiscono le festività natalizie e di fine anno. Forse li preparavano già il Greci in epoca classica, i nostri progenitori della Magna Grecia, certamente quelli della Roma antica, mentre alcuni studiosi li fanno risalire al dominio degli Spagnoli, per esservi qualcosa di simile in Andalusia. Certamente i dolci natalizi, così come oggi li conosciamo, sono stati adattati al nostro gusto dalle mani sapienti delle suore dei tanti monasteri presenti sul nostro territorio ieri più di oggi. Esse ne preparavano per farne dono ai propri benefattori, negli ultimi giorni dell’Avvento. Gli struffoli, a Capodanno assumono un significato particolare: sono augurio di abbondanza, buon auspicio e fertilità.
A Napoli, la pasticceria più famosa nella preparazione degli struffoli è senza dubbio Scaturchio, che si attiene rigorosamente ad un’antica ricetta, che può essere definita classica. Per l’impasto utilizza: 200 gr. di zucchero, 1kg di farina, 150 gr. di margarina, 6 uova intere, 6 tuorli d’uovo, 50 gr. di alcol, un pizzico di vaniglia e 6 gr. di sale. Per la finitura utilizza miele di ottima qualità, acqua e 600 gr. di zucchero. La decorazione avviene con pezzetti di canditi e confetti ‘diavolilli’. Per la preparazione bisogna realizzare un impasto uniforme e compatto con gli ingredienti elencati; staccare dall’impasto dei pezzi e preparare a mano delle strisce spesse un dito, per poi tagliarle in pezzetti di piccole dimensioni e friggerli finché non sono dorati. Al termine bisogna mescolare gli struffoli al miele con canditi e ‘diavolilli’. Altri canditi e confettini possono essere aggiunti alla fine, quando gli struffoli sono sistemati nel piatto.
Maria Grazia Cocurullo che, in fatto di dolci, ha raccolto in sé tutta la sapienza popolare, nel suo libro “I dolci della domenica” ci suggerisce la ricetta nostrana degli Struffoli diversa, ma non tanto, da quella napoletana. Infatti, quel tocco di diversità si concretizza nell’uso di burro e olio, del limone dei nostri giardini grattugiato, ed anche perché versa nel miele l’anice e del vino bianco. Nei giorni della grande festa, tra Napoli e la costiera sorrentina è una gara nell’innalzare al cielo il profumo degli struffoli e del miele sul fuoco e mi piace pensare che queste nuvole odorose s’incontrino a mezza strada nel Golfo, per fondersi in un corpo ed un’anima sola, proprio come due persone che si amano.