Il pungitopo di Casanocillo, i topi e le provviste

Ciro Ferrigno ne parla ne ‘il racconto de lunedì’ e fu messo come dodicesima pianta per offrirla alla Tomba dove furono seppelliti morti delle terribili epidemie di Peste e Colera

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Il pungitopo è una pianta cespugliosa sempreverde, con foglie ovali dalle estremità pungenti. In primavera, si copre di minuscoli fiori verdastri, mentre i frutti maturano in inverno, e sono bacche di un rosso vivo. Vegeta nel sottobosco di pini e lecci, querce e anche faggi in bassa quota. Il nome deriva dal fatto che anticamente le sue foglie taglienti venivano messe attorno alle provviste, per tenere lontano i topi. Il pungitopo viene coltivato come pianta ornamentale, soprattutto come decorazione durante le feste natalizie, quando è stimato di buon auspicio. Già gli antichi consideravano questa pianta portatrice di gioia e prosperità.

Il pungitopo si nasconde in zone umide e poco soleggiate, si cela nel sottobosco e, solo guardando attentamente lo si vede occhieggiare nel verde con le vistose ma rare bacche rosse. Non è facile coglierne un rametto, le foglie pungenti non concedono sconti e non guardano la differenza tra le nostre mani ed un topo, ci vogliono le forbici dei giardinieri ed una buona dose di prudenza, nel maneggiarle. Eppure quanto fa Natale un rametto di pungitopo! Fa bella mostra di sé nel centrotavola così come nel presepe o in una corona natalizia all’ingresso di casa. Se ne trovano alle pendici del Vico Alvano ed in particolare nella Selva della Tomba a Casanocillo. Purtroppo la raccolta, che talvolta assume le dimensioni di un saccheggio, sta riducendo di anno in anno i cespugli, senza considerare i danni degli incendi boschivi.

In epoche storiche non troppo lontane dalla nostra, nella Selva di Casanocillo venivano seppelliti i morti delle terribili epidemie di Peste e Colera, essendo un luogo inospitale e lontano dai centri abitati. In mancanza di strade, raggiungere quel luogo era difficile e pericoloso e il trasporto aggiungeva strazio allo strazio, dolore al dolore. Una volta seppelliti, gli sventurati rimanevano isolati dal mondo, senza una preghiera o un fiore per onorarne la memoria. Al massimo poteva transitare un taglialegna o qualche speziale alla ricerca di erbe preziose, ma erano apparizioni fugaci e rare. E qui la realtà cede il passo alla leggenda: ogni mese decise di offrire un fiore in omaggio alla Tomba: gennaio il croco, febbraio gli anemoni, marzo le fresie selvatiche, aprile le margherite gialle, maggio la rosa canina, giugno la ginestra, luglio i garofanini, agosto la lavanda selvatica, settembre la bocca di leone, ottobre i ciclamini, novembre le orchidee e così fino a dicembre che decise per le bacche rosse del pungitopo. Mancavano all’appello le preghiere! Allora il vento, in un impeto di generosità, disse che avrebbe provveduto. A seconda dello spirare, da Nord, Sud, Est o da Ovest, avrebbe portato di volta in volta nella Selva i rintocchi delle campane di Trinità o di San Michele, della Madonna del Lauro o della vicina Arola. Il quadro era completo, non mancava nulla, se non l’amore per la natura, che ognuno dovrebbe avere, per salvaguardare la Selva di Casanocillo, ma non solo quella, bensì tutti i boschi della terra. Ma anche fare il segno della Croce al suono delle campane, pensando che in certi giorni ed in certe ore, arriva fino ai morti lontani e quasi dimenticati, della Selva della Tomba.