La commovente processione del Venerdì Santo a Mortora

Tra tutte le processioni serali vede la più forte e massiccia partecipazione della comunità parrocchiale

Potrebbe essere un'immagine in bianco e nero raffigurante 3 persone e foulard
Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

Tra tutte le processioni serali del Venerdì Santo, quella di Mortora vede la più forte e massiccia partecipazione della comunità parrocchiale, con un coinvolgimento veramente commovente. Dopo gli ultimi lampioni seguono decine e decine di persone in preghiera. I confratelli della Purificazione di Maria, con le vesti bianche, sfilano tra i bagliori delle fiaccole che creano un’atmosfera mistica e surreale. Il corteo penitenziale percorre prima i vicoli del centro storico della frazione, per poi giungere al Corso Italia, atteso da una marea di gente. Gli incappucciati recano i simboli della passione e precedono le statue del Cristo Morto e dell’Addolorata che fino a pochi anni fa erano portate a spalla rispettivamente dai giovani e dagli uomini sposati.

Questa Processione ha un forte elemento di attrazione, che la caratterizza ed in certo senso la diversifica dalle altre: vi partecipano personaggi, in costumi d’epoca, suddivisi in tre gruppi distinti. Sfilano i legionari romani, poi l’apostolo Giovanni, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, ed infine il gruppo delle Pie Donne. Tanti anni fa i costumi venivano presi in affitto al San Carlo di Napoli, poi nel 1961 la comunità parrocchiale si mise all’opera per realizzarli tutti, uno per uno. Artefice dell’impresa fu la famiglia Sessa che lavorò con scrupolo ed attenzione, dopo uno studio attento di immagini e modelli, curando la scelta dei tessuti ed ogni più piccolo particolare. Fu necessario tempo e danaro, ma creò l’opportunità di vivere un bel momento di collaborazione, che è rimasto nei ricordi più cari di tutti quelli che vi lavorarono, certe volte, anche di notte. Nella Processione sono presenti tre cori: quello del Miserere, l’Inno del maestro Nicola Ferraro ed “Il figlio mio” che risale alla Missione dei Padri Passionisti di inizio Novecento.

Luigi Iaccarino, già Sindaco di Piano è la memoria storica di questo rito ed è un piacere ascoltarlo quando parla delle statue che sono veneratissime. L’Addolorata, per esempio, forse della bottega di Giuseppe Catello di Napoli, di metà Ottocento, alcuni decenni fa subì una modifica; originariamente era curva in avanti e, quando usciva in processione, molto spesso il mantello finiva per coprirle il volto. Si provvide a raddrizzarla, portandola da una posizione dinamica a quella statica, acquisendo una postura solenne. Ancora racconta che in passato, durante l’anno indossava una tunica color rosso vino, con ricami in oro alla base, al corpino ed ai polsi ed un mantello blu, con piccole stelle d’oro. Questo manto, con il bordo ricamato, dalla testa scendeva giù fino ai piedi, ed era fermato solo in vita da un aggancio al corpino della veste. Ancora oggi la vestizione della Vergine per le processioni segue una ritualità, che alcune donne trasmettono ad altre, trasferendola da generazione a generazione. Dai ricordi riaffiorano Maria Giuseppa Pollio, detta “’A Presidente” e Rosettina, la quale, con le mani deformate dall’artrosi, sistemava il bianco fazzoletto ricamato, nella mano destra della Madonna. Negli ultimi anni la vestizione è stata curata da Maria Guarracino e da Annamaria Russo, degne discepole della Pollio.

La statua del Cristo Morto è un’ottima scultura lignea dei principi dell’Ottocento, di bottega napoletana, forse Verzella o Citarelli. L’opera presenta il viso emaciato, gli occhi infossati e la bocca socchiusa. Il volto risalta dall’abbondante massa di capelli e dalla barba, che finiscono per sottolineare le sofferenze di Cristo. Il realismo del nudo è reso ancora più drammatico dai fori dei chiodi che attraversano le mani ed i piedi. Nel 1995 l’opera fu restaurata con cura amorevole ed attenta dal Prof. Raffaele Miele.

Quando questo corteo ci passa dinanzi, le suggestioni sono tante. Forse questi confratelli sono gli eredi di quell’antichissima processione, la Croce ed il popolo, di secoli e secoli fa. Santa Maria di Galatea fu la prima parrocchia del Piano già nel XII secolo e certamente vi si svolgevano i Riti della Settimana Santa, nella truce atmosfera del Medioevo, con persone che si battevano a sangue, si fustigavano e si incoronavano con le spine. Le processioni della Settimana Santa sono un ponte tra presente e passato, tra noi e l’infinito, tra la cima di un albero e le sue radici, tra lacrime e gioia. Non c’è Risurrezione, senza il Venerdì Santo…