La Fede e gli Altari con il miracolo della Madonna di Rosella

Ciro Ferrigno ne ‘Il racconto de lunedì’ narra di esso e della costruzione della cappella voluta dalla gente del rione del Ponte Nuovo

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A causa del terremoto del 6 giugno 1688 la chiesa carottese di San Michele subì ingenti danni, gravi al punto che furono necessari quasi trent’anni di lavori. Da subito il parroco, don Renato Mastellone cominciò la raccolta delle offerte; mise un tavolo sul sagrato della chiesa e segnava una per una su un registro, tutte le somme che venivano elargite. Ripeteva sempre una frase: “Mano a mano che ripariamo le nostre case, dobbiamo restaurare anche la casa di Dio”. Tutti diedero con generosità, dalle maestranze dei cantieri di Cassano ai lavoratori della seta, dai commercianti ai contadini, ai notabili e non mancò il “soldo della vedova”. Questo perché in penisola sorrentina la casa di Dio è casa del popolo, da sempre, dalla notte dei tempi, prova ne è che, per riconoscenza, ad alcune comunità, toccò il privilegio di eleggere il parroco: Santa Maria del Lauro, San Michele, Sant’Agnello, Trinità, Mortora, Trasaella e Casarlano.

L’ultima chiesa edificata a “furor di popolo” è quella della Madonna delle Grazie di Rosella. Quando il figlio di Rosa Maresca, conosciuta come Rosella, guarisce in modo miracoloso, dal male che lo stava portando alla morte, inizia un vero e proprio pellegrinaggio verso la sacra Immagine, alla quale la donna si era rivolta con fede. L’impressione è tanta, l’incredulità è umana. Il miracolo è stato duplice e tangibile, il giovane è perfettamente guarito, ma la stessa tela, senza il promesso restauro, è tornata nella pienezza dei suoi colori e del suo splendore, dallo stato rovinoso in cui si trovava, al punto che il viso della Vergine e quello del Bambino, non erano più visibili. Siamo nell’ultimo decennio del Settecento, quando tutti chiedono di vedere la Tela miracolosa. Sono uomini di mare e soldati, operai, donne del popolo e contadini; nella casa dei Maresca è un continuo bussare alla porta, un viavai e nasce spontanea l’idea di edificare una cappella dove esporre alla venerazione la sacra Immagine alla quale vengono attribuiti, giorno dopo giorno altre grazie e nuovi prodigi. La chiesetta è voluta dalla gente del rione del Ponte Nuovo, poi la partecipazione si estende a macchia d’olio a tutto il paese e a quelli limitrofi. La stessa Rosella, avanti negli anni e carica di acciacchi gira per le strade per raccogliere offerte, ma non è lei ad avvicinare la gente per la questua, sono le persone che nel vederla le corrono incontro per darle quello che possono. Tutti la considerano una santa, una mediatrice, una donna di fede che ha meritato ben due miracoli, quindi ascoltata da Dio. Sopra la veste, lunga fino ai piedi, indossa uno scialle di lana che dal capo le cade sulle spalle, ma tanti, da lontano, la vedono coperta da un manto trapunto di stelle. Per la nuova chiesetta ognuno contribuisce con le offerte, ma anche con il lavoro manuale, con la fatica delle braccia; il re Ferdinando IV autorizza la costruzione in data 24 maggio 1794.

L’agrumeto, destinato ad accogliere la chiesa, diventa un cantiere: pietre, sabbia, acqua e travi di legno, corde e scale, mattoni e calce; andirivieni di carri carichi di materiale, uomini al lavoro sulle impalcature, grida e fatica, donne e ragazzi che scaricano e trasportano pesi, ognuno collabora secondo le proprie capacità e la forza. È il cantiere, forse l’ultimo, di un popolo che ha sempre partecipato all’edificazione dei propri luoghi di culto, costruendo i propri altari, alzando al cielo i campanili e rendendo preziosi gli interni con marmi e pietre pregiate, oro, argento e opere d’arte.

Oggi, saremmo ancora disposti ad offrire le nostre braccia, per costruire una chiesa? Negli ultimi decenni, tante volte siamo stati chiamati ad elargire offerte per lavori agli edifici o restauri alle opere d’arte, alle statue dei Santi, alle campane ed abbiamo sempre risposto con tutto il cuore ed il portafoglio, ma forse è mancato mettere a disposizione la fatica, la forza fisica, quando il coinvolgimento diventa più forte, totale, carnale. I nostri antichi lo facevano e la Madonna di Rosella ne è l’ultima testimone!