La storia della famiglia e del Palazzo Acciapaccia

Ciro Ferrigno ne ‘Il racconto del lunedì’ ne narra gli avvenimenti

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Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

Redazione – La storia della famiglia e del Palazzo Acciapaccia.

Ciro Ferrigno ne ‘Il racconto del lunedì’ ne narra gli avvenimenti.

Poco distante dal Ponte Major o Maggiore, detto oggi Ponte Orazio, sorge la massiccia costruzione del Palazzo Acciapaccia, appartenuto alla nobile famiglia sorrentina che, a metà Quattrocento, pagò cara la fedeltà agli Angioni soccombenti in quegli anni, nello scontro con gli Aragonesi.

La famiglia aveva conosciuto il massimo splendore sotto il Re Ladislao, che regnò a partire dal 1386. Allora, Pietro Acciapaccia, per il valore e la fedeltà alla casa regnante, fu Gran Ciambellano del Re, poi Capitano Generale del Regno, ed infine Viceré di Napoli, compiti che svolse con saggezza ed equilibrio. I suoi discendenti conservarono la devozione alla casa d’Angiò, non accettando il cammino della storia, anzi Lanzalao affiancò il Duca di Calabria, quando questi preparò una rivolta contro i nuovi regnanti.

A Napoli gli Aragonesi sapevano già tutto delle infedeltà e delle macchinazioni in corso. Essi avevano la consuetudine di chiedere ospitalità ad una nobile famiglia di Sorrento, per un breve soggiorno in città, e nel 1457, non a caso, scelsero proprio gli Acciapaccia. Nel cuore della notte, il palazzo fu devastato e dato alle fiamme da un gran numero di militi che lo aveva circondato. Presumibilmente con il palazzo sorrentino, furono distrutte una dopo l’altra, anche le altre proprietà della famiglia, compresa quella del Ponte Maggiore. La condizione di disgrazia durò a lungo, infatti solo un secolo più tardi, quando alcuni membri si distinsero in fatti di guerra, gli Acciapaccia recuperarono i titoli nobiliari, le cariche e qualche proprietà perduta.

Al Ponte Maggiore si salvarono dalla distruzione solo le massicce strutture del pian terreno, che, successivamente, furono utilizzate nel perimetro di una nuova costruzione, che ebbe tutte le caratteristiche di un forte. Vigilava sul Ponte Maggiore, che era un punto strategico di grande rilevanza, trovandosi alla convergenza di strade allora importanti: la via Minervia o di Stabia, che saliva verso Alberi, per proseguire verso Vico e Castellammare, ancora la stessa verso Sorrento e la Via Cermenna, che, collegata allo Scaricatore, sul lato di Amalfi, a Nord scendeva al borgo di Sant’Agostino ed al medesimo Ponte. Fu un posto di controllo per le persone e le merci in transito, diventando nei secoli il Ponte del dazio, nel linguaggio del popolino ‘o Ponte d’’o razio, italianizzato in Ponte Orazio!

Si accede al palazzo attraverso un monumentale portale ad arco in blocchi di pietra scura del sec. XV e lastroni di lava portano in un vasto cortile. L’atrio ha volte a sesto acuto che poggiano su massicci pilastri. Una robusta scala di granito, di singolare fattura, conduceva, in origine, ai piani superiori, dei quali oggi nulla rimane.Gli ambienti del forte erano riservati agli alloggi per i soldati ed alle scuderie per i cavalli, c’erano sicuramente torrette per la guardia con munizioni, un carcere, pozzi per l’acqua piovana e la cappella. L’edificio fortificato avrà sicuramente salvato la vita a quanti vi si sono rifugiati nel corso delle numerose e frequenti invasioni di turchi, saraceni e corsari dei secoli bui.

Oggi il Ponte Maggiore segna il confine tra Piano e Meta. Una magnifica edicola votiva, a forma di trittico, mostrava il limite tra le parrocchie della Madonna del Lauro e di Trinità. Al centro una grande Croce, a sinistra la Madonna, a destra la Santissima Trinità. Oggi rimane solo la Croce, in attesa che qualcuno ricomponga l’antico e suggestivo manufatto con le due immagini in maiolica mancanti. Solo così il vecchio Ponte tornerà ad essere un angolo fermo nel tempo per meditare su quanta storia vi è passata!

Per le fotografie ringrazio l’amico Antonio Spasiano