Ciro Ferrigno narra in ’50 anni di gite’ le peripezie che passarono don quel bus

(Fonte Ciro Ferrigno – 50 anni di gite)
Dapprima viaggiavamo in un pullmino da venti posti, bello e confortevole ma, mano a mano che aumentava il numero dei partecipanti alle gite, quel mezzo cominciò a non bastare più e bisognò passare al cinquanta posti, che però era vecchio e sgangherato benché affidabile. Le tristi condizioni del mezzo diventarono, poco alla volta un motivo di divertimento indescrivibile. Non aveva aria condizionata e d’inverno si gelava, mentre d’estate si moriva dal caldo. Il finestrino più grande, accanto al conducente quando lo si apriva faceva un rumore spaventoso. Prima dell’apertura dovevo avvisare i gitanti di non aver paura, parlando in un microfono che gracchiava e fischiava o si rifiutava di funzionare. Ma le gite in quegli anni erano un divertimento assicurato e il numero dei partecipanti cresceva a macchia d’olio. Una volta, diretti alla Certosa di Trisulti, trovammo la strada interrotta; passò un signore con la macchina e ci disse che sarebbe andato attraverso dei giardini per aggirare l’interruzione; lo seguimmo, passando tra frutteti e orti e riprendemmo la statale, morendo dal ridere. Un’altra volta, tornando da Pietrelcina le porte si bloccarono e non chiudevano più, era novembre e si moriva dal freddo, dovemmo fare tutto il viaggio con le porte aperte e l’unica che ci guadagnò fu la carne di capretto che aveva acquistato Sciacquariello, che si sarebbe dovuta conservare in frigo. Le porte si chiusero solo vicino alla Madonna del Lauro a Meta e cominciammo a temere che non si sarebbero riaperte mai più!
Vincenzo e Carmela Sciacquariello! Avevano partecipato quasi per caso a una gita nel 1980 e si erano innamorati così tanto della comitiva e del modo di stare assieme, che finirono col venire sempre. La loro Macelleria sul Corso era diventata una vera e propria Agenzia di Viaggi, dove si reclamizzavano le gite da me organizzate, e solo quelle. Tra fettine di carne, hamburger e salsiccia, non mancava mai un foglio con il programma e il racconto con entusiasmo del divertimento e delle piccole, simpatiche disavventure, dei posti incantevoli visitati. Poco alla volta si formò un gruppo fisso di una ventina di persone che si prenotava automaticamente per la gita successiva ed erano parecchi quelli che partivano senza sapere neppure dove sarebbero andati; si prenotavano perché il divertimento era assicurato e avrebbero visto tante cose belle.
Quando iniziai ad organizzare gite era l’ottobre del 1974 e in penisola c’erano pochissimi pullman da noleggio e anche cari, utilizzati maggiormente per il servizio turistico locale; solo in anni successivi, con l’aumento dell’offerta, saremmo passati a mezzi di Gran Turismo con tutti i confort. L’uso di quel pullman sgangherato degli inizi, consentiva di offrire delle escursioni a prezzo stracciato e ciò favorì la partecipazione di tante e tante persone; era un passaparola che partiva da Sciacquariello e si espandeva ovunque. In realtà eravamo i primi a far turismo con cadenza mensile, quando non esistevano ancora la Napoli-Bari, la Salerno-Reggio Calabria e la Napoli-Roma era a sole due corsie; non c’era l’allacciamento tra la nostra Napoli-Pompei-Salerno e la Napoli-Roma, ma noi impavidi partivamo e compivamo dei giri bellissimi; quasi sempre con partenza alle cinque di mattina. Ricordo ancora il pianto di una signora che non era venuta a una gita perché non lo aveva saputo e la cosa le aveva procurato una grande sofferenza, pensando di essere stata esclusa per sempre, per una ragione che non riusciva a capire.
Eravamo un gruppo di persone in una società fatta di gente semplice, capace di trasformare anche un disagio in un motivo di divertimento, dove la pubblicità alle gite in Macelleria era presa in seria considerazione perché sincera e cordiale, senza trucchi e tornaconto. L’uscita domenicale, una volta al mese, era un momento per rilassarsi, respirare a pieni polmoni e tornare sul posto di lavoro il lunedì, ricaricati. Una volta, stavamo ridendo così tanto che, pur essendo giunti a destinazione, nessuno si muoveva dal suo posto in pullman. Forse a pochi interessava sapere che eravamo arrivati, la cosa più importante per tutti era quella di stare assieme, nella gioia.