L’antichità di Sant’Agostino e le tombe della Civiltà del Gaudo

Ciro Ferrigno ne ‘Ilracconto del lunedì’ afferma che “più di una volta, già negli anni dell’adolescenza, mi capitò di ascoltare un’affermazione, un adagio o modo di dire del popolo: “Sant’Austino è ‘o paese cchiù viecchio ca ‘nce sta”, vale a dire che il borgo di Sant’Agostino è il luogo che vanta, tra tutti, la maggiore antichità”

Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

Più di una volta, già negli anni dell’adolescenza, mi capitò di ascoltare un’affermazione, un adagio o modo di dire del popolo: “Sant’Austino è ‘o paese cchiù viecchio ca ‘nce sta”, vale a dire che il borgo di Sant’Agostino è il luogo che vanta, tra tutti, la maggiore antichità. Lo ascoltavo da mia madre, dalla nonna materna, anche in considerazione del fatto che il marito, ovvero mio nonno, era originario proprio di Trinità.

Questa convinta e ripetuta affermazione si è rivelata straordinariamente vera, allorquando alla fine degli anni Ottanta, sono venute alla luce tombe preistoriche della Civiltà del Gaudo, risalenti ad epoche remote come due – tremila anni prima di Cristo: solo allora gli archeologi hanno dichiarato che quello di Sant’Agostino costituisce l’insediamento stanziale più antico dell’intera penisola sorrentina. Con questa affermazione si sono incrociate la sapienza popolare ed il risultato del lavoro di ricerca e studio degli archeologi. Allora, sorge spontanea una domanda: ma allora gli abitanti di Sant’Agostino, già sapevano di vivere in una zona di antichissimo popolamento e quindi in un’area di interesse archeologico? E poi ancora altri quesiti: come, quando e perché l’hanno capito?

Notoriamente, i nostri vecchi scavavano per vari motivi: fini agricoli, gettare le fondamenta di case e chiese, ottenere pietre di tufo, utilizzate nell’edilizia. A questi bisogna aggiungere anche le frane, gli smottamenti, le alluvioni che si sono verificati nei secoli e che, verosimilmente, hanno portato alla luce del materiale antico. Certamente nello scavo i nostri si saranno imbattuti in tombe, subito ritenute antiche per il fatto di trovarsi in luoghi non consacrati e per ciò che veniva alla luce: ossa, vasi, armature, cinture, arcaici gioielli. I contadini avranno certo provato sgomento per aver, anche se involontariamente, violato una sepoltura, per un sacro timore, la paura di un anatema o quella degli spiriti dei defunti. La paura per l’involontario misfatto avrebbe portato conseguentemente a non rendere manifesto l’accaduto ed a ricoprire di nuovo il tutto con la terra. Non risulta che a Sant’Agostino abbiano agito i tombaroli spregiudicati e assetati di ricchezze, pronti a vendere reperti nel mercato nero dell’antiquariato. Una cosa è certa, il frequente affioramento di antiche tombe, nei secoli, ha generato la certezza di trovarsi in un luogo antico, tanto da non poterlo neppure rapportare ai resti romani di Pompei ed Ercolano o a quelli di Paestum e Velia, di epoca greca. Chiaramente la presenza di una necropoli, porta come conseguenza logica il supporre l’esistenza di un centro abitato, per quanto primordiale e preistorico. Proprio questa motivazione logica ed immediata, portò all’assunto: “Sant’Austino è ‘o paese cchiù antico ca ‘nce sta”.

Naturalmente il toponimo risale ad un’epoca molto più vicina a noi, rispetto alla vetustà del popolamento. La dedica al Santo Vescovo di Ippona (354-430) scaturì o dal possesso di territori prossimi al villaggio da parte dell’Abbazia di San Pietro a Cermenna, o, più verosimilmente dalla presenza in loco degli agostiniani, i quali vi costruirono un monastero fortificato e la chiesetta, ancora esistente. Viene spontaneo chiedersi quale fosse il nome antico del luogo; quando chiesi alla Dott. Budetta chiarimenti in merito, mi rispose che la questione era ancora oggetto di indagini e di studio. Senza essere un archeologo o uno studioso della materia, il buon senso ed il ragionamento mi fanno propendere per Vico Alvano, un tempo detto pure Vico Albano che, nella lingua latina starebbe a indicare un villaggio che si trova in direzione dell’alba, del sole nascente. Forse si tratta della traduzione in latino di un nome arcaico, avente lo stesso significato. Per estensione o empatia, il nome del luogo sarebbe passato alla montagna che lo sovrasta.

Quando mancano ancora studi approfonditi che potrebbero darci tante risposte su un tema così avvincente, ancora ci soccorre la sapienza popolare che ripete da sempre che Sant’Agostino è ‘o paese cchiù antico ca ‘nce sta!