L’Avvento, il rimembrare del presepe e del Natale

Ciro Ferrigno ne ‘Il racconto de lunedì’ rammenta quei giorni che mancavano per la sera della Vigilia di Natale e sua nonna

Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

Decidemmo che quell’anno, sarebbe stata la nonna a portare al presepe la statuina di Gesù Bambino. La sera della Vigilia di Natale compivamo il rito tradizionale, una breve processione con le candele accese ed il canto del Tu scendi dalle stelle di Sant’Alfonso.

Ero proprio piccolo, quando cominciai a fare il presepe a casa della nonna, sicuramente di sette otto anni; era una composizione semplice, ma nel pieno rispetto della tradizione napoletana. Il cartone pitturato con la polvere colorata marrone e verde, poi le “pelliccelle” per la pavimentazione della scena, la “restina” e “’o savino” per ornare la volta della grotta, unitamente alle bacche rosse di agrifoglio e pungitopo. Non ero bravo come i grandi maestri Ferrigno di Napoli, conosciuti oramai in tutto il mondo, ma qualcosa di grazioso ne veniva fuori. Era un manufatto semplice, dove le montagne risaltavano sullo sfondo di una carta blu notte, tutta piena di stelle, con al centro la cometa. Negli angoli brillavano le luci dei “pisellini” la serie di minuscole lampadine multicolori fatta apposta per il presepio. All’epoca i pastori di plastica non c’erano ancora o si affacciavano timidamente sulla scena; i nostri erano quelli di San Gregorio Armeno, di buona fattura, nati dalle mani di artigiani artisti e tanti ne vendeva Rachele in Via San Michele. Io li avrei voluti tutti, ma il patto era chiaro: uno nuovo all’anno. C’era anche un’altra possibilità di avere delle statuine, quando a dicembre passava per le strade il pastoraro con la cesta colma di creature di creta, una più bella dell’altra, dava la voce e ne offriva in cambio di abiti vecchi che nessuno indossava più.

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Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

L’odore delle pigne sul fuoco, le pastorali degli zampognari agli angoli delle strade, la voce del pastoraro, il profumo dei mandarini, le castagne abbrustolite, le prove della recita natalizia e dei canti per la Notte Santa in San Michele e l’allestimento del presepe scandivano il lungo, interminabile periodo dell’Avvento, una trentina di giorni che sembrava un tempo infinito. Quando per televisione, a Carosello, iniziava con discrezione qualche reclame natalizia per il panettone Motta o Alemagna, o qualche spumante, saltavamo in piedi contenti, perché era un altro segno dell’approssimarsi della grande festa.

Quel Natale la nonna doveva portare la statuina del Bambino Gesù in processione, toccava a lei, che il 21 novembre aveva compiuto ottant’anni, che a noi piccoli sembravano tanti, troppi; era un omaggio all’età, alla sua lunga vita laboriosa, degna di venerazione. Eravamo nella sua casa a Bagnulo tutti i nipoti, almeno quelli carottesi le mie sorelle ed io, Peppino, Maria e Rosellina, mentre i nomi dei napoletani, Enzuccio e Titina, facevano bella mostra in una cartolina augurale attaccata al cielo stellato del presepio. All’imbrunire iniziò la solenne processione con le candele, le stelline o fit fit ed il canto del Tu scendi dalle Stelle con un ampio giro per le stanze, la cucina ed il piccolo corridoio. Quando la nonna giunse vicino al presepe, zia Francesca si rese conto che la statuina non c’era più, era andata smarrita, nelle mani della nonna rimaneva solo un batuffolo di paglia! Cominciò l’affannosa ricerca, rifacendo più volte il percorso della processione, fino a quando il Bambinello fu trovato sotto il tavolo, dov’era caduto senza che qualcuno se ne accorgesse. Ricordo le risate a crepapelle che durarono un bel po’, poi tornarono il silenzio, la compostezza e deponemmo la statuina al suo posto nella mangiatoia, tra Maria e Giuseppe.

Conservo con cura ed amore quelle vecchie statuine che scartoccio ogni Natale, oggi che il tempo dell’Avvento dura poco più d’un battito d’ali e mesi ed anni volano via come foglie al vento. Noi siamo la nostra infanzia, i ricordi di quel tempo non ci abbandonano, neppure quando siamo grandi. Nei momenti bui con la mente torniamo sempre ai luoghi ed alle persone di quando eravamo piccoli. Per questo abbiamo il dovere di proteggere i nostri bambini, amarli e custodirli e depositare nell’anima e nel cuore di ciascuno tutto quanto serve per affrontare con forza, coraggio e gioia la vita che verrà. Forse, proprio per questo, ogni anno torna Natale!