Migliaia a Santa Chiara, Renzo Arbore e Marisa Laurito in lacrime
di Marco Perillo (Fonte ilmattino.it)
«Il mare nei suoi occhi, il Vesuvio nel suo cuore», così padre Giovanni Paolo Bianco, il giovane parroco di Santa Chiara, ha voluto descrivere Luciano De Crescenzo nel giorno dei suoi funerali. Gremita la basilica gotica nel cuore del centro antico di Napoli, strapiena di napoletani che hanno voluto tributare l’ultimo saluto a un partenopeo vero, autentico, capace di raccontare una città fiabesca, colma di valori e di umanità, definita addirittura «L’ultima speranza dell’umanità».
La salma dell’ingegnere filosofo che amava Napoli è arrivata da Roma alle 10.45, accolta da un fragoroso applauso. In chiesa la commozione dei tanti napoletani era alle stelle: come se fosse morto un parente, un amico, una persona di casa. La bontà, la semplicità, l’ironia e il merito di aver avvicinato generazioni alla cultura sono le caratteristiche principali che in tanti hanno riconosciuto nella figura dell’ingegnere-filosofo.
Diversi gli amici di una vita, seduti nelle prime panche accanto alla figlia di De Crescenzo, Paola: Renzo Arbore, Marisa Laurito, Marina Confalone, Benedetto Casillo, Geppy Gleijeses, Domenico De Masi, il suo agente Vincenzo D’Elia, solo per citarne alcuni. Tra le istituzioni, presenti il governatore campano Vincenzo De Luca e l’assessore alla Cultura del Comune di Napoli Nino Daniele, delegato dal sindaco de Magistris che era Palermo per la commemorazione di Paolo Borsellino. Poco più indietro ecco Antonio Bassolino, l’ex sindaco di Napoli. Tanti anche i turisti che intendevano dare l’ultimo saluto al celebre professor Bellavista, morto giovedì scorso a Roma a 90 anni.
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Intensa l’omelia del parroco, che ha pure citato i versi di «Era de maggio», canzone classica napoletana che lo stesso professore aveva più volte indicato come la sua preferita: «Luciano ha sempre sottolineato con importanza e passione il suo essere napoletano. Diceva: se dovessi rinascere vorrei rinascere napoletano. Credo che questo sia qualcosa che non solo ci riempie di orgoglio, ma ci fa capire la bellezza delle radici che non dobbiamo mai abbandonare».
«Era uomo che pensava e lasciava pensare – ha aggiunto padre Bianco – ha scritto, ha interpretato e ha saputo dare tanti messaggi anche ai giovani, traduceva in linguaggio semplice quel che scrivevano i grandi pensatori. Vogliamo ricordarlo, al di là del dolore del distacco, per il suo umorismo che oggi dovrebbe farci sorridere. Dobbiamo imparare da questo, l’eredità più bella delle persone che amiamo è portare avanti il suo pensiero, quello che ha saputo dare. In questo è stato un grande maestro». All’omelia è seguito il lungo e fragoroso applauso dei presenti.
Profonde e toccanti le parole dell’assessore alla cultura Nino Daniele, il primo a prendere la parola alla conclusione delle esequie: «Proviamo un immenso senso di vuoto e di impoverimento, avvertiamo che con la scomparsa di Luciano perdiamo uno dei più illustri cittadini della Napoli contemporanea. Luciano De Crescenzo – ha aggiunto Daniele – non ha solo interpretato Napoli, ma con la sua arte, con il suo pensiero, con la sua intelligenza e con il suo linguaggio ha costruito la Napoli di questi anni. Ciò che noi immaginiamo, i sentimenti che proviamo, il mondo in cui guardiamo al mondo è molto segnato dalla sua lezione e dal suo insegnamento. Direi che Luciano De Crescenzo è espressione di quella utopia della gentilezza, dimostrava la capacità di disporsi all’ascolto». Chiamato a ricordare una scena o una frase di De Crescenzo che porterà nel cuore, Nino Daniele ha citato «il dialogo in ascensore tra un uomo del Nord e del Sud: allora era Nord e Sud Italia, oggi potremmo dire Nord e Sud del mondo. Forse quella scena esprime il problema del nostro mondo e lo sguardo assai lungo e universale di De Crescenzo».
«De Crescenzo, napoletano colto e civile, ricordava che non dobbiamo darci alibi perché altrimenti pregiudichiamo i futuro dei nostri figli e dei nostri territori. Era un messaggio di rigore che lanciava alla sua comunità con gentilezza e con un sorriso, è un messaggio prezioso che non dobbiamo dimenticare», ha detto invece il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca citando la scena del film «Così parlò Bellavista» del dialogo tra il personaggio interpretato da De Crescenzo e un camorrista.
De Luca ha poi ricordato la scena dello stesso film nella quale dialogano un napoletano e un milanese, «che parlando scoprivano di avere una comune umanità. Quel messaggio a me pare molto attuale nella sua semplicità e ci ricorda che l’Italia è l’Italia se abbiamo le qualità e le virtù di tanti nostri concittadini di altre parti del Paese, ma anche se non perde l’umanità, il senso della famiglia, la tolleranza di Napoli e del Sud. Se perdiamo questo l’Italia è perduta».
Dopo i saluti istituzionali, sull’altare si sono alternati gli amici di sempre di De Crescenzo: «C’è una cosa che non cambierà mai: l’amore che tutti ti vogliamo. Hai illuminato la mia vita con la tua grande intelligenza, la tua ironia, l’amore mai decaduto, con la tua cultura», ha detto tra le lacrime Marisa Laurito sommersa dagli applausi di Santa Chiara. «Ricorderò sempre i tuoi dolcissimi occhi che rimarranno impressi nel mio cuore, e questa luce ti accompagnerà ovunque. Se ci sarà una risurrezione voglio rinascere con te a Napoli. Siamo abitudinari, ci piace Napoli», ha concluso la Laurito.
La chiosa è stata affidata Renzo Arbore, l’amico di sempre mai così commosso: «In chiesa ci si scambia il segno di pace e tu dicevi di essere un uomo d’amore – ha detto Arbore tra le lacrime – Luciano, io vorrei che ora il popolo di Napoli si scambiasse un segno d’amore». Renzo ha poi ricordato diversi momenti della vita di De Crescenzo e ha citato alcuni aneddoti dei tanti momenti vissuti insieme: «Mi hai fatto tanti regali ma quello che mi hai fatto oggi, l’applauso del tuo popolo, della tua Napoli, è il più bello, quello che ricorderò per tutta la mia vita, che non sarà lunga perché ti devo raggiungere, Lucià».
Infine Arbore, rivolgendosi al suo caro amico guardando la foto posta accanto al feretro, ha raccontato un aneddoto risalente alle riprese del film «Il Papocchio» di cui sono coautori. Si trovavano a Caserta e per volere di Luciano, quel giorno, le registrazioni vennero interrotte con l’obiettivo di recarsi a Napoli ad assistere al miracolo di San Gennaro, proprio nella Basilica di Santa Chiara (dove oggi si sono svolti i funerali). Tutto il cast, da Isabella Rossellini a Roberto Benigni, si reca alla cerimonia. La liquefazione del sangue del santo, però, ritarda. A questo punto De Crescenzo chiede a Benigni («che era comunista», ricorda Arbore) di inginocchiarsi. Lui tentenna ma poi esaudisce il desiderio e il miracolo si compie, proprio in quel momento. In generale, l’ingegnere-filosofo «ha rappresentato una pagina straordinaria della Napoli dell’affetto e del sorriso», ha detto Arbore. Amaro, invece, il passaggio dell’attore e regista Geppy Gleijeses, che con De Crescenzo ha lavorato in «Così parlò Bellavista»: lo scrittore fu minacciato dalla camorra a causa della scena dove Nunzio Gallo interpreta un camorrista che chiede il pizzo. Poi l’ultimo, grande applauso al feretro, in partenza per essere tumulato a Furore, in costiera amalfitana.
Fonte ilmattino.it