Maradona, quei messaggi su Whatsapp tra i medici: «Sembra morto»

È il drammatico messaggio inviato la mattina del 25 novembre dalla psichiatra Agustina Cosachov dalla casa di Diego Armando Maradona al neurochirugo Leopoldo Luque

di Francesco De Luca (Fonte ilmattino.it)

«Non respira, non sento il polso: sembra morto». È il drammatico messaggio inviato su Whatsapp la mattina del 25 novembre dalla psichiatra Agustina Cosachov dalla casa di Diego Armando Maradona al neurochirugo Leopoldo Luque. Pochi minuti dopo l’ex campione del Napoli e della Seleccion argentina sarebbe deceduto. Questi messaggi, pubblicati dal sito Infobae.com, sono emersi nell’inchiesta della Procura di San Isidro sulla drammatica fine del Pibe. La dottoressa Cosachov e il dottor Luque, che a tutti gli effetti era il medico personale di Maradona, sono indagati per omicidio colposo. L’articolo 84 del codice penale argentino prevede una pena da uno a cinque anni di carcere per chi per imprudenza, negligenza o imperizia può causare la morte svolgendo la propria professione.

Quella mattina in casa di Diego c’era la dottoressa Cosachov, non Luque. Non si era visto nessun medico nelle dodici ore precedenti e infatti, a fine dicembre, i magistrati di San Isidro hanno ipotizzato che lunga sia stata l’agonia di Diego nella sua camera da letto: dalle sei alle otto ore. La dottoressa Cosachov si presentò con lo psicologo Carlos Diaz per una visita programmata. Diego stava già male: vennero eseguiti tentativi di rianimazione ed effettuata la chiamata per un’ambulanza. Luque inviò messaggi dalla propria auto mentre si dirigeva verso la casa che ospitava Maradona dopo l’operazione al cervello nel Barrio San Andrés a Tigre, a 28 chilometri da Buenos Aires.

Questo il testo di alcuni Whatsapp, audio e scritti, scambiati tra i due medici. Ce n’è uno gravissimo, in cui il dottor Luque dice alla collega di fargli sapere se i soccorritori «ce l’hanno con loro», i medici responsabili della cura del campione.

Luque: «Dimmi, è vivo?».

Cosachov: «Non lo so, è in arresto cardiaco. Lo stanno rianimando. Come Dio vorrà».

Cosachov: «Sono scossa. Adesso stanno provando a rianimarlo. Sta per arrivare un’altra ambulanza. Non dicono niente».

Cosachov: «Lo stanno rianimando però niente. Non possono trasportarlo perché è in arresto».

Luque: «Fammi sapere se ce l’hanno con noi».

Cosachov: «È morto Leo».

Luque: «Ok».

Una drammatica sequenza che mette in risalto il grave comportamento di Luque, finito subito sotto accusa da parte del magistrato Laura Capra e del coordinatore generale della Procura di San Isidro, John Broyard: Maradona aveva bisogno di cure costanti per la gravità delle sue patologie e, a distanza di due mesi dal 25 novembre, c’è ormai la certezza che non le ebbe da parte dei medici incaricati di seguirlo.