Morì dopo dimesso dall’ospedale, Procura chiede archiviazione inchiesta

La causa della morte di Luigi Nica sarebbe stata un’insufficienza cardio-respiratoria acuta complicata da una patologia neoplastica e non dei medici

 

 Redazione – Fu dimesso dall’ospedale e morì, la Procura chiede archiviazione inchiesta perché la causa della morte di Luigi Nica sarebbe stata un’insufficienza cardio-respiratoria acuta complicata da una patologia neoplastica e non dei medici.

Questa la ricostruzione fatta e perciò la Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta che fu aperta sulla morte del 40enne autista residente a Meta. I medici che gli prestarono soccorso ed ai quali era stato ipotizzato il reato di omicidio colposo non avrebbero commesso nessuna negligenza.

Il 40enne autista due anni fa accusò dei forti dolori all’addome e fu trasportato urgentemente al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Sorrento, qui fu sottoposto ai controlli di rito e gli fu applicata una flebo, il medico di turno disse non era in imminente pericolo di vita. Così l’uomo ritornò a casa, ma il dolore non passò, anzi le sue condizioni peggiorarono aggravandosi, la moglie così si rivolse al medico di base e telefonicamente descrisse i sintomi che aveva il marito, chiedendo delle indicazioni. Il 40enne fu nuovamente sottoposto a terapia per via endovenosa su consiglio del medico di base, secondo le ricostruzioni fatte dalla Procura.

Ma purtroppo dopo poco tempo perse conoscenza e morì, così i familiari denunciarono la vicenda alla magistratura ed immediatamente fu aperta un’inchiesta.
La relazione dell’autopsia stilata dai periti scagiona il medico del pronto soccorso e il medico di base a carico dei quali si ipotizzava l’omicidio colposo: “L’operato dei curanti intervenuti presso l’ospedale di Sorrento, nel corso del breve ricovero di Nica, seppur viziato da una incompleta strategia diagnostica, in quanto fuorviata dalla genericità del quadro clinico presentato dal paziente, non integra gli estremi di una condotta tecnico-professionale colposamente grave o comunque tale da aver effettivamente inciso nel determinismo del decesso del paziente”. Per questo la richiesta di archiviazione, ma i familiari del 40enne si sono opposti fermamente: la questione la dovrà il gip Antonello Anzalone.