Ordinazioni dei Diaconi Permanenti: intervista a Mons. Francesco Alfano

Si respira aria di attesa e fermento per la funzione religiosa che la nostra Arcidiocesi si prepara a vivere sabato 3 luglio 2021, presso la Cattedrale di Sorrento

Si respira aria di attesa e fermento per la funzione religiosa che la nostra Arcidiocesi si prepara a vivere sabato 3 luglio 2021, presso la Cattedrale di Sorrento. Saranno celebrate infatti, le ordinazioni di due Diaconi Permanenti, Francesco Saverio Soldatini e Domenico Ruggiero.

Per la speciale occasione, abbiamo intervistato Mons. Francesco Alfano – che non nasconde neanche lontanamente il suo entusiasmo – cercando di far luce su di una figura ancora troppo sconosciuta e poco compresa dal popolo di Dio.

Don Franco, chi è il diacono permanente e quale servizio svolge per la Chiesa?

La figura del diacono permanente, presente nella Chiesa dei primi secoli, è stata ripristinata dal Concilio Vaticano II. Si tratta di una decisione molto importante, che restituisce al sacramento dell’Ordine la sua pienezza: infatti i presbiteri e i diaconi collaborano con il vescovo nell’edificazione della comunità, i primi con il ministero sacerdotale della presidenza e i diaconi con il servizio della carità. Sono due dimensioni essenziali, preziose e indispensabili, perché tutto il Popolo di Dio viva il Vangelo e lo testimoni a tutti

Si tratta di una figura antica e nuova allo stesso tempo, tale ministero, inutile nasconderlo, genera ancora pareri discordanti: perché tanta sfiducia e tanto scetticismo secondo lei?

Purtroppo è così. Le novità infatti generano in tanti una prima reazione negativa. E qui siamo dinanzi a un ministero scomparso di fatto per oltre un millennio. È vero che la Chiesa ha sempre ordinato diaconi, ma erano solo coloro che dovevano diventare preti: dunque diaconi cosiddetti transeunti, un vero ridimensionamento fino all’impoverimento. Tutto si riduce al culto e al servizio all’altare, come purtroppo è accaduto i diversi casi anche con i diaconi permanenti. È molto di più invece ciò che ad essi viene chiesto, perché la comunità intera cresca nella carità

La figura del diacono permanente è stata istituita da molto tempo nella nostra Arcidiocesi, sono passati vent’anni dalle ultime ordinazioni: quali sono le sensazioni e le emozioni, alla viglia di nuove ordinazioni?

Abbiamo atteso tanto tempo prima di riprendere il cammino verso l’ordinazione di nuovi diaconi permanenti perché era necessario riflettere bene sulla prima esperienza e fare una verifica seria, per fare tesoro dei passi avanti compiuti ed evitare le inevitabili incertezze che hanno segnato questa fase. Ora i tempi sono maturi per riprendere il cammino, a partire dai due prossimi diaconi che appartenevano al gruppo di coloro che erano già in formazione con Mons. Cece. Il cuore è in festa, la gioia è grande, ci accompagna la consapevolezza che facciamo un passo avanti verso quel forte rinnovamento della Chiesa che Papa Francesco sta invocando e operando dall’inizio del suo pontificato

I diaconi permanenti, sono spesso definiti “mezzi preti” o “preti di seconda mano”, quasi a volerli sminuire, eppure il loro percorso prevede non poche difficoltà, è così?

La formazione per i candidati al diaconato permanente è specifica e ampia: tocca essenzialmente la loro vita di fede, nella risposta libera al Signore che li chiama. Essa si sviluppa nel corso di diversi anni di preparazione: lo studio della teologia è alla base del loro cammino così come l’approfondimento pastorale dei vari ambiti della missione della Chiesa. Lungo il percorso vengono accompagnati a discernere i doni specifici dello Spirito che potranno mettere a disposizione della comunità, secondo il mandato che ciascuno di essi riceverà dal vescovo. Per essere segno sacramentale di Cristo servo dovranno infine alimentare un profondo rapporto con Lui nella preghiera, personale e familiare

Papa Francesco ci ha ricordato che il servizio è lo stile che deve contraddistinguere il ministero del diaconato: quale ruolo gioca, tale figura, in quella che egli stesso chiama “Chiesa in uscita”?

I diaconi permanenti potranno essere di grande aiuto perché impariamo tutti ad essere “Chiesa in uscita”, come il Papa continuamente ci sollecita. È già la loro condizione di vita a rappresentare questa realtà: sono sposati, devono provvedere al mantenimento della propria famiglia con il lavoro, vivono una condizione di laicità pur entrando a far parte del clero con il grado del diaconato. Il loro ministro più li porta ad essere continuamente “sulla soglia”, non chiusi dentro il tempio: essi devono aiutare la comunità cristiana a condividere la gioia del Vangelo con tutti e a farsi segno di speranza soprattutto con i poveri. Solo così acquista un senso il loro servizio liturgico, nell’annuncio del Vangelo e nella vicinanza all’altare dove portiamo le offe

Veniamo al punto focale, quello che forse più di tutti tocca la sensibilità dei fedeli: che cosa vuol dire, nel concreto, conciliare un ministero come quello del diaconato con un altro ministero come il matrimonio?

ll diaconato e il matrimonio sembrano incompatibili, sia perché non abbiamo esperienze consolidate nel tempo e soprattutto perché siamo abituati a considerare il ministero ordinato come un servizio a tempo pieno. Credo invece che si potrà proseguire su questa via, già tracciata dai primi diaconi anche nella nostra diocesi da due decenni, imparando a conciliare le esigenze sacrosante della propria famiglia con quelle della comunità dove si esercita il ministero. Sarà ancora più feconda tale testimonianza, frutto di sacrificio e di passione. Potrà inoltre fungere da stimolo per quelle famiglie che vogliono vivere la loro vocazione mettendo a disposizione degli altri i doni ricevuti. Anche noi preti potremo infine imparare a dare il nostro tempo con cuore aperto e disponibile, perché risplenda nel nostro celibato l’amore di Cristo per la sua Chiesa così come i diaconi ce lo mostrano nel loro matrimonio.