Piano a fine dell’ottocento, dall’emigrazione al Novecento

Ciro Ferrigno ne ‘il racconto del lunedì’ parla di una alacre cittadina che aveva molti servizi essenziali e che nel secolo dopo ha pagato a caro prezzo le due Guerre Mondiali, il ventennio fascista, i difficili anni dei dopoguerra, fino a giungere ai nuovi orizzonti del benessere, del turismo e della modernità

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Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

Alla fine dell’Ottocento il Comune di Piano contava 9707 abitanti, circa milletrecento in più rispetto al censimento di dieci anni prima, quando ne erano 8417. Il numero era destinato a scendere drammaticamente per il fenomeno dell’emigrazione che, proprio in quegli anni strappava intere famiglie al paese natio. Inoltre erano tanti quelli che non risiedevano stabilmente in paese, essendo imbarcati per lunghi mesi su navi mercantili o da guerra. La gran parte delle popolazione residente era impegnata in agricoltura e viveva in borgate, rioni ed abitazioni coloniche.

In quegli anni Carotto, capoluogo di Mandamento, era sede degli uffici comunali, della Posta e Telegrafo, della Pretura e del Carcere Mandamentale; aveva una stazione dei Reali Carabinieri, l’Ufficio di Registro e bollo, dieci Scuole Elementari, il Regio Istituto Nautico “Nino Bixio”, l’Asilo d’infanzia, un Conservatorio per fanciulle povere, l’Ospizio per i poveri con unito Orfanotrofio, la Congregazione di Carità ed altre pie istituzioni. Era anche sede della Banca Popolare di Piano di Sorrento, e già vantava una piazza molto spaziosa dove si svolgeva il mercato di ortaggi, legumi ed altri generi alimentari.

Il territorio comunale comprendeva i rioni del Cavone e di Sant’Agostino, le borgate di Legittimo, Mortora, San Liborio, Petrulo, Trinità e quelle più alte di Casa d’Ardia e Cermenna. Facevano parte del centro di Carotto i rioni di Gottola, Bagnulo, Madonna di Rosella e Savino. Alla Marina di Cassano avevano sede l’ufficio della Dogana, la Regia Delegazione di Porto, ed una Brigata di Guardie di Finanza. Nelle borgate collinari di San Liborio, Petrulo e Casa d’Ardia funzionavano tre scuole municipali, due scuole uniche, una maschile e l’altra femminile, ed una scuola mista. A Cermenna aveva sede una seconda Brigata di Guardie di Finanza, per contrastare il contrabbando proveniente dal Golfo di Salerno. Tutti i giorni partivano da Piano vetture e carri tirati da cavalli diretti alla stazione ferroviaria di Castellammare. Ogni giorno, esclusi i festivi, partivano da Cassano otto o dieci feluche per Napoli, che rientravano la sera. Nei giorni festivi Napoli era raggiungibile con un piroscafo della società Manzi & C. Il servizio postale era affidato a due vetture che compivano il percorso da Massa Lubrense a Castellammare di Stabia e viceversa, due volte al giorno. In quegli anni i principali prodotti agricoli del Comune erano gli agrumi, esportati nella quasi totalità nell’America del Nord, seguivano le noci, l’olio d’olive, il vino e la frutta dolce. Di questi si esportavano solo le noci, gli altri erano appena sufficienti al fabbisogno interno. L’unico prodotto industriale del Comune era quello caseario di San Liborio che occupava poche famiglie; l’allevamento del baco e la manifattura della seta erano quasi del tutto cessati. Erano ancora attive alcune cave della pietra di tufo, molto usata come materiale di costruzione.

La fine dell’Ottocento segnò il declino della comunità carottese. La lenta agonia dei cantieri navali e la fine dell’industria della seta, portarono all’emigrazione di centinaia e centinaia di persone che si trasferirono in Argentina, Nuova Zelanda e Stati Uniti d’America; d’altra parte, il fenomeno migratorio interessò tutta l’Italia ed in particolare le regioni del Mezzogiorno. Tante famiglie si risollevarono, traendo sostentamento proprio dalle rimesse degli emigrati. Poi, con l’arrivo del Novecento, ci fu il tributo di sangue per le due Guerre Mondiali, il ventennio fascista, i difficili anni dei dopoguerra, fino a giungere ai nuovi orizzonti del benessere, del turismo e della modernità, tutto pagato a caro prezzo, con la costante devastazione del territorio e la perdita di identità.