Inviate ai parlamentari dallo scrittore per tentare di correggere le insufficienze del provvedimento
di Raffaele Lauro
Sull’emergenza sanitaria in corso nel nostro paese, si tornerà a breve, per documentare l’anarchia istituzionale, o meglio il caos, tra Stato, Regioni e Comuni, nonché sull’anarchia comunicazionale tra gli stessi membri del governo, gli organismi straordinari per l’emergenza, i presidenti delle Regioni e Sindaci più esposti, che combattono, a mani nude, in prima linea. Ogni giorno che passa, con un numero di decessi ormai superiore a quello della Cina, emergono le responsabilità governative, che, a tempo debito, dovrebbero essere oggetto di giudizio da parte delle magistratura penale, civile e contabile, senza trascurare le richieste di risarcimento che saranno avanzate dai parenti delle vittime incolpevoli di questa tragedia nazionale. Sugli aspetti economici della crisi, il Governo Conte ha varato un decreto (il decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18), in corso di conversione, e ne ha preannunziato, con la solita enfasi, manipolatoria e propagandistica, un secondo (“Il decreto di aprile” 2020!), creando aspettative su aspettative da parte degli operatori economici, del tutto insoddisfatti del primo provvedimento, la cui attuazione, tra l’altro, tra decreti ministeriali applicativi e circolari interpretative, prenderà mesi. Un decreto-legge, un provvedimento di necessità e di urgenza, per non rinnegare la sua funzione costituzionale, non può impantanarsi nei burocratismi, altrimenti di che “necessità e urgenza” si tratta? Questo aspetto riguarda in particolare le PIM, le piccole e medie imprese, cioè il tessuto vivo e capillare dell’intero sistema produttivo nazionale, con particolare riferimento al settore turistico e al suo indotto, ai ristoranti, agli alberghi, al commercio e alle piccole fabbriche. Si può attendere “il parto di aprile”, magari un altro aborto, per tentare di porre riparo alle insufficienze del primo provvedimento? Non si può! Sarebbe troppo tardi! Se questo tessuto economico-produttivo, già in crisi di liquidità, si lacera definitivamente e viene ridotto in macerie, oltre ad essere infiltrato dalle mafie, non sarà più recuperabile all’economia nazionale e, principalmente, all’esportazione. Sarebbe più saggio, opportuno e responsabile, quindi, intervenire con degli emendamenti, in sede di conversione del primo decreto, sperando che il governo rinsavisca e non si opponga agli emendamenti parlamentari. Pertanto quanto segue, elaborato sulla base dei dati forniti dall’Osservatorio sul Working Capital realizzato da CRIBIS, società del gruppo CRIF specializzata nella business information, da Workinvoice, prima piattaforma digitale italiana di invoice-trading e dai consulenti, fiscali e previdenziali, di Unimpresa, viene offerto alla riflessione dei gruppi parlamentari e dei singoli membri del Parlamento, nel tentativo, in estremis, di riparare alle falle del primo provvedimento. Ora che l’Europa ha sospeso il Patto di Stabilità, il governo deve soltanto “saper decidere”, tenendo presente che il fabbisogno finanziario complessivo delle PIM, per tutto il 2020, inclusi i rimborsi del debito finanziario in scadenza e gli investimenti, potrebbe essere non inferiore ai 45 miliardi di euro. Bisogna risolvere con urgenza, inoltre, il problema del capitale circolante, che sta già subendo una dilatazione, immettendo liquidità, da subito, nel sistema finanziario delle PIM. Le correzioni suggerite, finanziarie, fiscali e di sostegno al lavoro, ancorate agli articoli del decreto, costituiscono soltanto un primo passo, ma obbligato, per evitare l’annientamento del settore e, quindi, dell’economia nazionale.
MISURE FINANZIARIE
Articolo 56 – Tratta delle misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia COVID-19: Il comma 2 dispone la sospensione delle scadenze, in relazione alle esposizioni debitorie non deteriorate, nei confronti di banche e di intermediari finanziari di cui possono beneficiare (facendone richiesta al soggetto creditore) microimprese e PMI italiane (co. 5) che, alla data di entrata in vigore del decreto avevano ottenuto prestiti o linee di credito.
Si propone di prorogare tutte le esposizioni debitorie, nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari al 28 febbraio 2021, con la possibilità per le PMI e i liberi professionisti di rinegoziare, da subito, tutte le posizioni debitorie, quali a titolo e semplificativo ma non esaustivo, mutui, finanziamenti, confidi, finimport, sconti fattura et similia.
MISURE FISCALI
Articoli 60 – 62 – Tratta delle misure inerenti la sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari e previdenziali. Art.60: la disposizione contiene l’unica proroga generalizzata valevole per tutti i contribuenti, ma con una forte limitazione temporale rinviando dal 16 marzo al 20 marzo tutti i versamenti da effettuarsi nei confronti delle pubbliche amministrazioni, inclusi quelli relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e ai premi per l’assicurazione obbligatoria. Con specifico riferimento al saldo IVA, in scadenza il 16 marzo u.s. e rinviato dalla presente disposizione al 20 marzo 2020, restando ferma la possibilità di effettuare detto versamento entro il 30 giugno 2020, maggiorando le somme da versare degli interessi nella misura dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo 2020, oppure entro il 30 luglio 2020, maggiorando le somme dovute (sia il saldo IVA che la sua maggiorazione dello 0,40% mensile) di un ulteriore 0,40%. Art. 61 – La disposizione sostanzialmente amplia l’ambito di applicazione della sospensione di alcuni versamenti e adempimenti fiscali e previdenziali recata dal comma 1 dell’articolo 8, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 91 , individuando le seguenti ulteriori categorie di soggetti particolarmente colpiti dalla situazione di emergenza sanitaria in corso. Per tutti questi soggetti (escluse le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e società sportive, professionistiche e dilettantistiche, nonché i soggetti che gestiscono stadi, impianti sportivi, palestre, club e strutture per danza, fitness e culturismo, centri sportivi, piscine e centri natatori, per i quali è prevista la sospensione fino al 30 aprile 2020 dei termini relativi a: – versamenti delle ritenute alla fonte effettuate in qualità di sostituti d’imposta sui redditi da lavoro dipendente e assimilati (di cui rispettivamente agli artt. 23 e 24 del d.P.R. n. 600 del 1973); – adempimenti e versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria. I versamenti così sospesi andranno effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 (che slitta al 1° giugno, cadendo il 31 maggio di domenica) o mediante rateizzazione (fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo) a decorrere dal mese di maggio 2020. Qualora si fosse già proceduto ad effettuare detti versamenti, non è possibile chiedere il rimborso di quanto già versato. Art. 62 – Il comma 1 dell’articolo in esame accorda una sospensione di alcuni adempimenti tributari applicabile a tutti i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato. Nello specifico, si prevede la sospensione di tutti gli adempimenti tributari in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020. Da quest’ultima sospensione sono esclusi: – i termini relativi ai versamenti; – i termini fissati per l’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative alle addizionali regionale e comunale all’IRPEF; – i termini relativi alla dichiarazione dei redditi precompilata 2020, così come rideterminati dall’art. 1 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9. Nello specifico, per i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a 2 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso (alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame) è prevista la sospensione dei versamenti da autoliquidazione in scadenza fra l’8 marzo 2020 e il 31 marzo 2020 relativi a: – ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati operate in qualità di sostituti d’imposta; – trattenute per le addizionali regionale e comunale operate in qualità di sostituti d’imposta; – IVA; – contributi previdenziali e assistenziali e premi per l’assicurazione obbligatoria.
Si propone di rinviare tutte le scadenze previste dagli articoli 60 – 62 al 30 settembre 2020, senza l’applicazione di sanzioni e interessi per dare il tempo alle imprese colpite da grave crisi di liquidità di riorganizzare la propria attività, prevedendo nel contempo la possibilità di rateizzare le somme dovute in 5 rate mensili (sempre a far data del 30 settembre 2020). Inoltre si propone di azzerare gli acconti d’imposta Ires, Irap e Irpef per l’anno fiscale 2020. Infine si propone di non applicare gli Indici Sintetici di Affidabilità, i cosiddetti ISA, già a partire dall’anno d’imposta 2019.
Articolo 65 – La disposizione riguarda la fruizione di un credito d’imposta per botteghe e negozi: La disposizione in esame, al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica COVID-19, riconosce ai soggetti esercenti attività d’impresa un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.
Si propone di integrare , con le stesse misure e percentuali , l’articolo 65, del decreto in oggetto, per tutti i lavoratori autonomi che versano canoni di locazione con riferimento all’immobile nel quale svolgono la loro attività lavorativa. Nello specifico deve trattarsi di immobili di categoria A10 ovvero civile abitazione, ma che diventa strumentale per destinazione.
Articolo 67 – La disposizione riguarda la sospensione dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori. Si sospendono, dall’8 marzo al 31 maggio 2020, i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo (salvo quanto previsto in relazione alla liquidazione delle imposte ed al controllo formale), di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori.
Appare del tutto inadeguato il termine sospensivo per svolgere l’attività di accertamento e controllo da parte degli Enti preposti. Si propone, pertanto, un termine maggiore che sostituisca quello del 31 maggio 2020 ossia al 31 luglio 2020.
Articolo 68 – La disposizione prevede la sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all’agente della riscossione: L’articolo in commento prevede, al comma 1, la sospensione dei termini dei versamenti, scadenti nel periodo dall’8 marzo al 31 maggio 2020, derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli avvisi di accertamento esecutivi emessi dall’Agenzia delle entrate (art. 29 del DL n. 78/2010 ai fini delle imposte sui redditi, IVA e IRAP) e dagli avvisi di addebito emessi dagli enti previdenziali (art. 30 del DL n. 78/2010). Lo stesso comma precisa che i versamenti oggetto di sospensione devono essere effettuati in un’unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione, ossia entro il 30 giugno 2020. Viene, altresì, prevista l’applicabilità delle disposizioni dell’art. 12 del D.Lgs. n. 159 del 2015. Nella disposizione manca, quindi, un rinvio che estenda la sospensione dei pagamenti derivanti da atti diversi da quelli espressamente richiamati, ed in particolare manca l’indicazione delle comunicazioni di irregolarità (c.d. avvisi bonari) inviate dall’Agenzia delle entrate ai fini della liquidazione automatizzata ex artt. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633/1972 o derivanti dal controllo formale ex art. 36-ter del d.P.R. n. 600/1973. Sono, dunque, rimasti esclusi dalla disposizione gli Avvisi Bonari.
Si propone, quindi, per tali scadenze, che vengano inclusi i versamenti d’imposte quali liquidazione automatizzata ex artt. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633/1972 o derivanti dal controllo formale ex art. 36-ter del d.P.R. n. 600/1973 e, al contempo, che tutte le scadenze siano prorogate a far data del 30 settembre 2020.
Articolo 27 e seguenti – La disposizione riconosce un’indennità una tantum di ammontare pari a 600 euro in favore di diverse categorie tra cui i lavoratori autonomi: liberi professionisti titolari di partita IVA (attiva alla data del 23 febbraio 2020) e lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (attivi alla medesima data), iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della n. 335/1995, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
Tale disposizione non risolve in alcun modo le criticità finanziarie che stanno affrontando i lavoratori autonomi, iscritti alla gestione separata o ad un’autonoma cassa previdenziale. Si propone, quindi, di aggiungere al bonus di 600 euro una tantum uno sgravio contributivo pari all’azzeramento degli acconti Irpef, Irap e Inps, per l’anno d’imposta 2020. Inoltre, si propone la non applicazione degli Indici Sintetici di Affidabilità, i cosiddetti ISA, già a partire dall’anno d’imposta 2019.
Articolo 106 – Tratta di norme in materia di svolgimento delle assemblee di società. Il decreto si muove su due piani differenti ma del tutto complementari. Per un verso, si interviene sui termini per l’approvazione dei bilanci di tutte le società, consentendo una proroga ex lege di quelli già fissati nel codice civile e nel TUF; per altro verso, si potenzia la partecipazione all’assemblea con collegamento da remoto. Non è ipotesi del tutto trascurabile che le società di dimensioni modeste potrebbero non aver allestito la struttura organizzativa per tenere assemblee con strumenti di telecomunicazione. Alla luce di tanto, l’art. 106, comma 1, del Decreto stabilisce che “In deroga a quanto previsto dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, del codice civile o alle diverse disposizioni statutarie, l’assemblea ordinaria è convocata entro centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio”.
Tale disposizione appare del tutto inadeguata, in quanto le PMI e le medio grandi imprese hanno bisogno di più tempo per definire le scritture di assestamento e valutare correttamente il proprio operato alla data del 31 dicembre 2019. Si propone di prorogare il termine per l’approvazione dei bilanci di esercizio, relativo all’anno d’imposta 2019, alla data del 30 settembre 2020, in deroga alle disposizioni dell’articolo 2364 e seguenti del codice civile.
MISURE A SOSTEGNO DEL LAVORO
Articoli 19 – 20 – 21 – 22 – Le misure a sostegno della cassa integrazione non prevedono l’anticipo immediato in denaro da parte delle banche. Questo ostacolo aggiunge altre difficoltà per le aziende che potrebbero riprendere la loro attività e va eliminato.
Art. 46 – La disposizione prevede la sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti. La prima parte della norma dispone che, per un periodo di 60 giorni decorrente dalla data di entrata in vigore del decreto, i datori di lavoro privati (sia le imprese sia i datori di lavoro non imprenditori) non possono avviare le procedure di riduzione del personale previste dagli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991. Per il medesimo periodo, inoltre, vengono sospese le procedure di riduzione del personale pendenti avviate dopo il 23 febbraio 2020. Le procedure (inibite o sospese) cui fa riferimento la disposizione sono:
- la procedura di licenziamento collettivo c.d. diretto, di cui all’art. 24 della legge n. 223 del 1991, applicabile alle imprese o privati datori di lavoro non imprenditori che occupino più di quindici dipendenti e che, in conseguenza di una riduzione, trasformazione o cessazione totale dell’attività, intendano effettuare almeno cinque licenziamenti, nell’arco di centoventi giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia;
- la procedura di c.d. collocamento in mobilità (id est licenziamento) di cui all’art. 4, comma 1, della legge n. 223 del 1991 applicabile alle imprese che sono state ammesse al trattamento straordinario di integrazione salariale e che, nel corso di attuazione del programma di ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione aziendale o crisi economico-produttiva, ritengano di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi in cassa integrazione e di non poter ricorrere a misure alternative al recesso.
La seconda parte della norma prevede, altresì, che, sino alla scadenza del termine di 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto, i datori di lavoro, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati, non possono licenziare i propri dipendenti adducendo un giustificato motivo oggettivo, ovvero un motivo fondato su “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” (articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604).
Si evidenzia che il riferimento alle “procedure di impugnazione dei licenziamenti” sia in realtà improprio, perché la disposizione si riferisce esclusivamente (inibendoli per il periodo indicato) ai licenziamenti collettivi e al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. Non si prevede, infatti, in particolare all’art. 83, alcuna sospensione dei termini stragiudiziali previsti dalla legge per l’impugnazione del licenziamento (articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604). Si rammenta, al riguardo, come il lavoratore abbia l’onere di impugnare il licenziamento nel termine perentorio di 60 giorni dalla ricezione della comunicazione dell’atto di recesso con atto scritto di qualsiasi tipo, anche stragiudiziale, idoneo a rendere nota la sua volontà. La disposizione dispone che “Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”. Si propone, quindi, maggiore chiarezza nell’indicare, pertanto, se sono sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali. si pongono due interrogativi da chiarire. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo? Per la stessa ragione, il termine per l’impugnativa giudiziaria che sia iniziato prima del 9 marzo risulta sospeso da questa data al 15 aprile e riprenderà a decorrere a partire del giorno successivo?