Sorrento, tornerà a vivere il mulino

Dopo essere stato attivo, lo stato di abbandono del 1866 ed il suo acquisto, riecco che è pronto a ritornare in auge

Foto tratta da Wikipedia

Sorrento – Il mulino del Vallone dei Mulini tornerà a vivere, dopo essere stato attivo, lo stato di abbandono del 1866 ed il suo acquisto, riecco che è pronto a ritornare in auge.

Il rudere che era in uno stato pietoso di abbandono, con le erbacce che lo avevano avvolto quasi completamente, sarà visitabile, diventando importante attrattore della città.

E questo è assicurato perché Mariano Pontecorvo, consigliere comunale di Sorrento ed amministratore unico della società Maccheronificio srl che nel 2012 acquistò il fabbricato, ed adesso si appresta a restaurarlo. Si tratta di un progetto che stravolgerà una zona della città, con il mulino che oggi è visto dall’alto, ma che poi sarà visto da vicino, poiché i sorrentini lo potranno visitare senza sborsare un euro. Già sono entrati in funzione gli operai che hanno già ripulito l’edificio dalla vegetazione cresciuta, da quel famoso 1866, quando fu costruita piazza Tasso, cosicché il vallone non fu più utilizzato dai sorrentini come passaggio obbligato.

Un vallone che era vivo non solo perché vi era il mulino dove venivano lavorati vari tipi di grano, ma anche una segheria che forniva legno agli ebanisti locali ed un lavatoio frequentato da decine di popolane.

Il Vallone dei Mulini si è originato circa trentacinquemila anni fa, quando una violenta eruzione dei Campi Flegrei, ricoprì la zona che va da Punta Scutolo a Capo di Sorrento di detriti: le acque sorgive che formavano ruscelli dalla bassa portata, chiamati Casarlano e Sant’Antonino, che si incontrano poco prima dell’inizio della valle, scavarono un profonda e stretta gola, in cerca di uno sbocco verso il mare.

Nel XVI secolo la zona era di proprietà della famiglia Tasso, mentre in seguito passò sotto il controllo dei Correale: fu proprio uno dei membri di questa famiglia, Onofrio, che nel XVII secolo, fece costruire allo sbocco della valle un porto, in quella che è l’attuale Marina Piccola, ma che un tempo veniva chiamata Capo Cervo o Capo di Cerere, per la presenza di un antico tempio romano dedicato a Cerere e distrutto poi da due frane nel 1580 e nel 1604. Negli anni successivi, sul fondo della valle, venne costruito un mulino, che, sfruttando le acque del torrente, era utilizzato per la macinazione del grano da vendere poi ai sorrentini, una segheria che trattava legno di ciliegio, ulivo e noce, utilizzato poi agli artigiani della zona, i quali ne ricavavano manufatti artigianali, ed un lavatoio pubblico: di questo complesso industriale sono ancora visibili i ruderi; i costoni della vallata furono inoltre, con molta probabilità, utilizzati come cave di tufo per reperire blocchi per la costruzione degli edifici a Sorrento e le grotte formatesi vennero riconvertite come pozzi per la raccolta dell’acqua. Il Vallone dei Mulini, pur essendo un lungo di vita popolare, fu comunque oggetto, in questo periodo, di opere pittoriche e riproduzioni di artisti sia italiani che stranieri: queste fonti rappresentano le uniche testimonianze della zona.

Sorrento era unita al resto della costiera da uno stretto ponte che superava la valle: nel 1866 venne deciso di eliminare il ponte e sostituirlo con una piazza, ottenendo lo spazio necessario per la sua realizzazione, riempiendo parte della gola, ricavandone anche alcuni locali; fu così che il Vallone dei Mulini si trovò diviso in due: da un lato, lo sbocco verso il mare, occupato poi dalla strada per il porto, dall’altra il piccolo complesso industriale che cessò di funzionare agli inizi del XX secolo, sia per la mancanza di acqua, incanalata, sia per motivi di ordine climatico, in quanto la totale assenza di vento e l’elevata umidità, che si aggira costantemente intorno all’80%, dovuto allo sbarramento artificiale, resero impossibile qualsiasi forma di vita umana.

Dopo l’ok ricevuto dalla Soprintendenza e dal Comune, potranno prendere il via i lavori di risanamento conservativo.

GiSpa