Un minuto di terrore 39 anni fa: ore 19.34 (Video)

Una forte scossa di  magnitudo di 6,9 (X grado della scala Mercalli) con epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza, e Conza della Campania, causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e, secondo le stime più attendibili, 2.914 morti

 

Foto tratta da pianoincipit.com/terremoto_1980/grafico_sismografo.htm

 

Redazione – Un minuto di terrore corre 39 anni fa: ore 19.34 del 23 novembre 1980, una forte scossa di  magnitudo di 6,9 (X grado della scala Mercalli), colpì la Campania centrale e parte della Basilicata.

Sono passati 39 anni ma non bisogna dimenticare una tragedia del genere che sconvolse e cancellò dalla carta geografica molti paesi dall’Irpinia al Vutlure, causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e, secondo le stime più attendibili, 2.914 morti.

Ed ancora oggi, si ci leccano le ferite che mai sono state rimarginate per varie cause.

Il terremoto colpì alle 19:34:53 di domenica 23 novembre 1980: una forte scossa della durata di circa 90 secondi, con un ipocentro di circa 10 km di profondità, colpì un’area di 17.000 km² che si estendeva dall’Irpinia al Vulture, posta a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza.

I comuni più duramente colpiti (X grado della scala Mercalli) furono quelli di Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo de Lombardi,  Senerchia, Calabritto  e Santomenna.

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha appurato che l’area interessata ha subìto tre distinti fenomeni di rottura lungo differenti segmenti di faglia, succedutisi in circa 40 secondi. Tali segmenti sono stati localizzati sotto i monti Marzano, Carpineta e Cervialto. Dopo circa 20 secondi la rottura si è propagata verso SE in direzione della Piana di San Gregorio Magno. Dopo 40 secondi, localizzata a NE del primo segmento, si è verificata la terza rottura di faglia.

La frattura ha raggiunto la superficie terrestre generando una scarpata di faglia ben visibile per circa 35 km. Studiando le registrazioni delle repliche dell’evento si evince una struttura crostale molto eterogenea, come dimostrato dalle variazioni della velocità delle onde P mostrata a differenti profondità, e un processo di rottura estremamente complesso.

Gli effetti, tuttavia, si estesero a una zona molto più vasta interessando praticamente tutta l’area centro meridionale della penisola: molte lesioni e crolli avvennero anche a Napoli, ed anche in costiera sorrentina.

Vari palazzi furono rasi al suolo, specialmente a Piano di Sorrento, dove si contarono le maggiori vittime di quella tragedia, furono undici, ed oggi nelle cittadine della Costiera si ricorderà quella tragica giornata.

Video di Ermanno Acanfora su: https://www.youtube.com/watch?v=Mw063_BwAro

GiSpa