Villa Volpicelli a San Liborio, ivi dimorò Santa Caterina

Ciro Ferrigno ne ‘Il racconto de lunedì’ parla con attenzione della villa che era dei Marchesi Volpicelli, nobile famiglia di origine napoletana

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Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

Tra tutte le borgate carottesi, San Liborio è quella che conserva di più il fascino del tempo passato, molte costruzioni interessanti, angoli suggestivi e particolari architettonici di rilievo, retaggio di anni oramai remoti. L’antico campanile di pietre di tufo, la suggestiva chiesetta, poi edicole votive, scale e balconi, archi e fiori a profusione. Ma una particolare attenzione merita la Villa dei Marchesi Volpicelli, nobile famiglia di origine napoletana. Al cancello d’ingresso del viale si trova un’iscrizione metallica, che segna l’anno 1874, ma sicuramente la costruzione è più antica. Infatti, molte delle date che troviamo sui portoni si riferiscono ad importanti interventi di restauro, oppure a passaggi di proprietà; solo raramente all’anno di costruzione. Al portone d’ingresso, nel viale ci sono due ovali in ceramica, che raffigurano il Buon Pastore e l’Immacolata. Gli ingressi al piano terra, introducono in ampi saloni, ristrutturati in anni recenti, che un tempo erano adibiti a cucina e depositi. Sempre al piano terra un locale viene indicato come “la cappella”, anche se non ne resta nulla, ma che un tempo era l’oratorio della famiglia. Non è da escludere che i due ovali murati all’ingresso, provengano proprio da quel sacro ambiente.

La Villa si sviluppa su tre livelli. Sopra si innalza la torretta coi merli, dalla quale si accede al terrazzo più alto; essa è un pregevole elemento architettonico, peraltro diffuso in penisola, che unitamente al colore rosso della facciata, conferisce alla Villa segni di distinzione e nobiltà. Nel cortile che fiancheggia la dimora si trova un interessante pozzo di forma circolare, mentre in fondo al viale c’è la casa colonica. Vi abitavano i contadini che coltivavano due terreni di proprietà dei Marchesi, estesi su due livelli e per questo chiamati “Annunziata di sopra e di sotto”. Il secondo è ancora di proprietà della Villa, unitamente al piccolo giardino, ricco di piante esotiche, che si trova alle spalle della fabbrica. Il nome popolare dei due terreni ricorda la masseria dell’Annunziata di Mortora, che un tempo apparteneva al monastero sorrentino dei Padri Eremitani di Sant’Agostino.

Per i marchesi, che dimoravano stabilmente a Napoli, questa casa era il luogo prediletto per la villeggiatura e qui dimorò anche Santa Caterina (1839 1894), fondatrice delle Ancelle del Sacro Cuore, nei periodi di riposo e di lunga convalescenza. In un documento in lingua latina, conservato nella chiesetta, il nome della Santa è ricordato per la devozione e per il forte legame con il luogo di culto.

Le principali suggestioni che ancora oggi sono collegate all’antica dimora, riguardano gli anni che videro la presenza della Santa, quando, malata e quasi immobilizzata, si faceva portare in chiesa con una portantina. La gente provava un misto di venerazione e di rispetto per la Signora riconoscendo a quella figura un’aura di santità, con la straordinaria capacità delle anime semplici di percepire e anticipare la storia e gli eventi. Per anni il cancello chiuso custodì un vero e proprio laboratorio, dove maturavano propositi e progetti a favore degli ultimi. Piano in quella fine Ottocento era frequentata da tante persone in odore di santità, come i nativi Simpliciano della Natività e Bonaventura Maresca, ed anche Padre Lodovico da Casoria, Bartolo Longo e Caterina Volpicelli, quasi a puntellare la casa di Dio in un momento storico di anticlericalismo imperante e smantellamento di ordini religiosi, con soppressioni ed incameramento dei loro beni da parte dello Stato. Poi, siccome il tempo non si ferma e tutto trasforma, negli anni Venti del Novecento la Villa passò a Fabio Aiello e, per matrimonio di una figlia, ai Franza, i quali, ancora oggi, la custodiscono con cura e coltivano, con affetto e devozione, la memoria della Santa Signora.