Mal d’Istria, una vacanza bella e triste

Ciro Ferrigno in ’50 Anni di gite’ narra quella che fecero in quella terra che fu italiana

Foto tratta dalla pagina di Facebook di Ciro Ferrigno

(Fonte Ciro Ferrigno – 50 Anni di gite)

È mai possibile che una vacanza possa essere infinitamente bella e allo stesso modo triste? Questi sentimenti estremi coabitavano in me nell’estate del 2012, quando eravamo in Istria.  Abbazia era il luogo del soggiorno e pure il punto di partenza per le escursioni in una terra italiana passata alla Jugoslavia, con il trattato di Parigi, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Oggi è divisa tra la Slovenia che tiene la parte settentrionale e la Croazia che ha sovranità su quella meridionale. Abbazia, che è da sempre luogo di una raffinata villeggiatura, è in Croazia.

Albergo bello, buon cibo, compagnia magnifica, bagni eccezionali, ricordevole la giornata spesa in visita alle due capitali, Lubiana e Zagabria e di grande bellezza la mini crociera con bagno nelle Isole di Cherso e Veglia, eppure dentro di me c’era una grande tristezza, un mal d’Istria, ogni qual volta andavamo in visita alle varie cittadine, dove è evidente l’antica civiltà di  Roma, il dominio di Venezia, pure il tocco asburgico, ma l’aria tutta italiana  e nulla di sloveno o croato, se non i toponimi  tradotti nelle loro lingue.

Foto tratta dalla pagina di Facebook di Ciro Ferrigno

A Pola tutto riporta ai fasti dell’antica Roma. Il nostro Medioevo lo trovi nella Basilica Eufrasiana di Parenzo, i campanili tale e quale a quelli di San Marco a Venezia, un po’ dovunque, il gotico veneziano di alcuni palazzi e quel Leone alato di San Marco onnipresente, sull’architrave delle antiche porte cittadine, sulle colonne delle piazze, con lo sguardo fiero e combattivo, la zampa alzata a reggere il sacro libro. Tracce di una civiltà e di un’appartenenza che sfidano il tempo, le vicende umane e la storia. Nei giorni di vacanza all’Hotel Adriatic di Abbazia (Opatija), visitammo Castelnuovo d’Istria (Podgrad), Volosca (Voloska), Fianona (Plomin), Albona (Labin), Moschiena (Moscenicka Draga), Barbana d’Istria (Barban), Pola (Pula), Laurana (Lovran), Fiume (Rijeka), Capodistria (Koper), Isola (Izola), Pirano (Piran), Parenzo (Porec), Pisino (Pazin) e Rovigno (Rovinj). Nell’immediato dopoguerra iniziò l’esodo della popolazione di lingua italiana, e poi i massacri delle foibe, uccisioni e rapine, tutto a danno di gente inerme, costretta ad andare via, subito, senza pretendere di portar via qualcosa e costretta a ringraziare Dio per aver salva almeno la pelle. Quando giravamo per le strade di quei luoghi rileggevo dentro di me le pagine del libro “Materada” di Fulvio Tomizza e il dolore per dover abbandonare i suoi morti in una terra che sarebbe diventata straniera

Il lunedì 23 prevedeva la mattinata libera. Mentre il grosso del gruppo era diretto a Voloska, alcuni di noi accompagnammo la signora Carla Garofalo alla ricerca della casa natale. Era nata ad Abbazia, ancora italiana, il giorno di Natale di un anno di guerra. La città passò alla Jugoslavia in seguito al Trattato di Parigi del 1947 ed è presumibile che proprio quell’anno la madre dovette abbandonare città e casa frettolosamente. La bimba tra le braccia ed una sola borsa con dentro l’occorrente per affrontare il lungo viaggio, niente altro!  Era necessario andar via subito pure perché un familiare era tra i gerarchi di Fiume, quindi famiglia schedata.

… Ci siamo, la via è questa, una breve scala e la nostra amica si trova dinanzi al portoncino, bussa, ma nessuno risponde. Forse dentro è tutto fermo a quel giorno dell’addio, anche se sono passati sessantacinque anni e la vita è andata avanti tra gioie e dolori. Non è certo il rimpianto per un’abitazione o per le tante cose lasciate nelle mani di gente estranea, che le fa stringere il cuore, ma rivivere l’attimo in cui la madre lasciò la casa, abbandonando ricordi e un pezzo di vita, per scappare via come una ladra. Nel partire sapeva di poter raggiungere la famiglia d’origine a Piano, quindi era interiormente serena, ma quante e quante persone avranno lasciato tutto, per andare verso l’ignoto? Scattiamo qualche foto ricordo, poi la signora Carla ridiscende le scalette. Basta, con la tristezza che ci prende, questo è il mal d’Istria …

Ci dirigemmo di buon passo al borgo marinaro di Voloska per ricongiungerci al gruppo.