La porta aperta della disavventura beneventana

Ciro Ferrigno narra che in quel freddo giorno della visita a Sant’Agata de’ Goti, Telese, Benevento e Pietrelcina, dovettero tornare con l’anta aperta del pulmann vecchiotto perché non si era chiusa, poi lo fu a Meta, vicino alla chiesa della Madonna del Lauro

Foto tratta dalla pagina di Facebook di Ciro Ferrigno

(Fonte Ciro Ferrigno)

I primi viaggi li facevamo con Peppino Carotenuto, di cara memoria. Aveva un venti posti molto bello, nuovo e confortevole ma, man mano che il gruppo cresceva, dovemmo adattarci ad un mezzo più grande, ma piuttosto vecchiotto. Negli anni Settanta e Ottanta c’erano pochi pullman da noleggio in penisola ed erano carissimi. Figurarsi nei mesi estivi, quando la domanda aumentava fino all’inverosimile. Il vecchio pullman aveva dei difetti che per noi erano motivo di allegria. Il finestrino dell’autista per aprirlo e chiuderlo faceva un gracchio tanto forte che spaventava le persone. Ogni volta dovevo avvisare i presenti che non avessero paura. Non sempre il tergicristalli funzionava ed una volta, ai Castelli Romani nevicava e, per azionare il dispositivo, fu necessario utilizzare l’archetto del violino del Maestro Francesco Siviero. Un’altra disavventura ci capitò il 21 novembre del 1982.

Eravamo partiti la mattina presto diretti a Sant’Agata de’ Goti, Telese, Benevento e Pietrelcina. La giornata era bella, ma faceva assai freddo. Dopo la magnifica Sant’Agata e lo specchio azzurro del Lago di Telese, a Benevento vedemmo l’Arco romano, la Rocca dei Rettori, visitammo il Duomo e Santa Sofia con il chiostro monumentale, poi facemmo shopping presso il centro vendita del Liquore Strega. A Pietrelcina, luogo natale di Padre Pio, dedicammo principalmente il pomeriggio e dopo il pranzo in ristorante visitammo i ricordi del Santo nel centro storico che conserva la casa natale ed il Santuario mariano a Lui tanto caro.  Naturalmente, come tutti i luoghi dei pellegrinaggi, Pietrelcina offriva ed offre mille occasioni di acquisti e Vincenzo Sciacquariello e la moglie Carmela si misero alla ricerca del capretto paesano. Era una costante, un chiodo fisso e ogni volta, colti da deformazione professionale, andavano alla ricerca del capretto locale.

Andammo via presto, a novembre subito è notte e faceva pure un bel freddo. Ad un certo punto si aprì la porta del pullman e, nonostante i tanti tentativi, l’autista non riuscì più a chiuderla. Che fare? Bisognava pur tornare a casa, nonostante il freddo polare! Ci mettemmo addosso tutto quello che avevamo e sembravamo un gruppo diretto ad una festa mascherata. Si vedevano solo gli occhi delle persone e qualcuno usò come cappello una busta di plastica e ci coprivamo con tutto il possibile e l’impossibile. L’unico che beneficiò del vento freddo fu il capretto di Sciacquariello che viaggiò a temperatura di frigorifero. C’era l’entusiasmo, la gioventù, il piacere di stare assieme, certo è che ridemmo tutto il tempo a crepapelle e nessuno cadde malato.

Dove si chiuse, la porta del pullman? Vicino alla chiesa della Madonna del Lauro a Meta, dopo che ci eravamo fermati per far scendere il primo gruppo di gitanti. Ma poi ci prese un dubbio atroce: vuoi vedere che adesso non si apre più? Fu un percorso ansioso da Meta fino a Piazza Cota, con la paura di rimanere chiusi dentro, ma la porta si aprì, e ci fu un sospiro di sollievo. Aveva ripreso a funzionare perfettamente!

(Fonte Ciro Ferrigno)