Verina Fumo, la sua prima foto e Nannina

Ciro Ferigno in un “Racconto del lunedì” narra la storia di queste due donne, una che scendeva dai Colli di San Pietro e l’altra che era nel negozio del marito fotografo partito in guerra così come il fidanzato dell’altra

Foto tratta dalla pagina di Facebook di Ciro Ferrigno

Da quando era partito per la guerra, in tutte le lettere, che le scriveva, non faceva altro che ripetere la stessa richiesta: “Mandami una tua fotografia!” Per questo Nannina aveva raccolto i capelli in una lunga treccia, aveva indossato il vestito più bello e da Via Cermenna, dove abitava con la famiglia, ora scendeva verso Carotto sul carretto del nonno, che doveva recarsi in paese per delle consegne.

La giornata era bella, l’aria tersa, ma le cartoline precetto, che avevano chiamato alle armi tutta la gioventù, avevano lasciato una tristezza infinita che si leggeva negli occhi di ognuno. Era maggio, il maggio del 1915 quando i mormorii del Piave echeggiavano ovunque in Italia, compresi i Colli di San Pietro. L’Italia era entrata in guerra. Sarebbero stati anni lunghi, duri, dolorosi, fino alla vittoria finale pagata col sangue di centinaia di migliaia di soldati, caduti sul fronte italo-austriaco, in battaglie logoranti, molte combattute tra le nevi alpine.

Giunta a Piazza Cota, Nannina scese dal carretto e si avviò lentamente verso la parte bassa del Corso Principessa Elena per raggiungere lo studio fotografico di Gennaro Fumo, che affacciava sul Vallone San Giuseppe, ancora non in parte colmato, per far posto a quella che sarebbe diventata Piazza della Repubblica. Il palazzo “Fumo” era lì da pochi anni, era stato, infatti, edificato solo nel 1910 dagli Astarita, quelli della banca sfortunata. Accanto alla Sala Ninfa, primo cinematografo carottese, lavorava Fumo, passato alla storia, almeno quella locale, per l’alta professionalità e la qualità impeccabile delle sue lastre.

La ragazza che, raramente scendeva a Carotto, si guardava intorno, meravigliata per l’animazione del paese in un giorno di mercato. Vedeva carri e carretti con frutta e verdura andar su e giù per strade e stradine, poi i negozi con i grandi battenti di legno color verde bottiglia, la vetrina di abbigliamento di Maresca, il bar La Scala, il grande palazzo della Granpiazza, la falegnameria di di Otranto e vide salire da Sant’Agnello il tram, l’epico tram che all’epoca collegava Sorrento con Castellammare. Ma la delusione fu immensa quando, entrata nello studio fotografico, la signora dietro il banco le disse che Gennaro non c’era… che era partito per la guerra!

Nannina si sentì mancare e non poté fare a meno di mettersi a piangere, a singhiozzi, tanto che la signora Verina le si avvicinò per consolarla, provando per lei una grande, immensa tenerezza. Nannina le raccontò del fidanzato Pitruccio che, partito soldato, continuava a chiederle un ritratto! E, ora, cosa fare? E continuava a piangere. Allora la signora Verina, trattenendo lei stessa le lacrime, con mano tremante compì uno per uno tutti quei gesti, quei passaggi, che tante volte aveva visto fare al marito, uno per uno, con  cura, attenzione e trepidazione, fino a scattare la foto. Era la prima della sua vita! E vi riuscì magnificamente, perché in quell’agire, tutta la sua anima, tutto il cuore erano scivolati giù, nelle mani.

Da quel giorno, per tutto il tempo che il marito fu trattenuto in guerra, fu lei la fotografa di tutte le donne che giungevano dai vari paesi della penisola e posavano, con un sorriso velato di tristezza, per i loro uomini lontani, al fronte. Quelle donne, tante volte coi bimbi in braccio, facevano il “ritratto” per amore e Verina, complice, scattava foto, tante foto, con lo stesso sentimento. Immaginava treni fumosi, diretti ai confini, pieni di lettere e in ogni busta una fotografia e sentiva che anche il suo era un modo per servire la Patria, fare qualcosa per i soldati, donare loro un sorriso. Gennaro sarebbe stato fiero di lei: questo la consolava e rendeva l’attesa del suo ritorno più lieve.       

Quel glorioso studio fotografico, il primo a Piano, fu attivo fino al 9 gennaio 1953, quando Gennaro Fumo si spense, all’età di 74 anni. A noi lasciava un’immensa eredità di immagini, oggi mute testimoni di persone e storie di un tempo lontano.