Campania, De Luca: no ai medici cubani

Lo ha detto il governatore campano margine dell’inaugurazione della nuova Pet/TC digitale all’ospedale Monaldi di Napoli parlando delle difficoltà per i nuovi medici nei pronti soccorsi delle strutture pubbliche della sanità

Redazione – Sulla carenza dei medici Vicenzo De Luca dice di no a quelli cubani.

Lo ha detto il governatore campano a margine dell’inaugurazione della nuova Pet/TC digitale all’ospedale Monaldi di Napoli parlando delle difficoltà per i nuovi medici nei pronti soccorsi delle strutture pubbliche della sanità.

Sul personale “dobbiamo deciderci a prendere delle misure di guerra. La Campania non vuole fare come la Calabria, non vogliamo prendere medici cubani, portiamo Cuba nel cuore ma i medici cubani stanno bene a Cuba”.

Ribadisce parlando della decisione di ricorrere in alcuni casi alle coop di medici chiamate a tempo negli ospedali: “Vogliamo avere prestazioni di qualità e garantite, non gente che viene per prendere una retribuzione oraria magari il doppio di quello che prendono i medici presenti, senza la garanzia della qualità delle prestazioni”.

Mette in chiaro: “Abbiamo un problema che riguarda i concorsi, anche qui dobbiamo prendere delle decisioni. Facciamo dei concorsi che vanno deserti per l’area dell’emergenza, per un periodo anche per gli anestesisti, fatto il concorso dopo 24 ore lasciano l’ospedale e se ne vanno da altre parti. Non va bene, facciamo fatica a mandare medici a Ischia, Capri e nelle aree disagiate”.

Deciso nelle sue parole: “Vuol dire che almeno per due anni se fai il concorso stai dove diavolo devi stare. Poi dobbiamo prendere altre misure, non c’è niente da fare: se partiamo oggi con il personale se ne parla tra 6 anni, dobbiamo cominciare anche a far funzionare più il cervello. I giovani laureati di oggi sono più svegli rispetto alla mia generazione”.

Con questo “se un ragazzo si è laureato in medicina mandiamolo in trincea, non perdiamo tempo. Meglio quel ragazzo laureato rispetto a chi viene da Cuba. Il giovane non deve fare il primario, avrà il primario che lo educherà, lo aiuterà, ma probabilmente si formerà meglio lavorando in trincea e capendo la fatica, oltre che la crescita professionale. Non possiamo più consentirci tempi di attesa per scuole di specializzazione di 4, 5 o 6 anni. Non sono più tempi compatibili con la vita degli esseri umani. Dopo 2 anni vanno buttati in trincea subito, meglio questo che stare nell’impossibilità di fare i turni”.

GiSpa