Giuseppe Staiano, non era altro che ‘Peppino ‘o Pellicano’

Ciro Ferrigno ne ‘il racconto del lunedì’ parla di un uomo di poche parole, non amava mettersi in mostra e rifuggiva dagli elogi e da quanti si soffermavano sui suoi meriti, poi quando creò l’Associazione il Pellicano di identificò in essa

Foto tratta dalla pagina di Facebook di Ciro Ferrigno

Peppino aveva un carattere schivo, riservato. Uomo di poche parole, non amava mettersi in mostra e rifuggiva dagli elogi e da quanti si soffermavano sui suoi meriti. Per lui era fondamentale l’agire, il prestare soccorso a quanti ne avevano bisogno, senza guardare l’età, il ceto sociale e dimenticando incomprensioni, rancori e cattivi ricordi pregressi, che considerava superati, appartenenti al tempo passato.

Alla fine del 1981, poco più che trentenne, creò l’Associazione il Pellicano per assistere i malati, i disabili e chiunque avesse bisogno di aiuto. Con un nugolo di persone fidate cominciò ad essere una presenza rassicurante, come un punto luminoso nel buio fitto di certa mala sanità. Peppino, poco alla volta cominciò a identificarsi con la sua creatura, tanto che quando si parlava di lui era niente altro che Peppino ‘o Pellicano.

Quante corse nella notte per aiutare persone in difficoltà, quante corse sull’autostrada per raggiungere gli ospedali napoletani. L’autoambulanza del Pellicano era diventata l’alter ego di quella ospedaliera, forse con un volto più umano, affettuoso, quella di un figlio del popolo con le braccia sempre aperte, pronte all’abbraccio ed alla solidarietà. All’occorrenza, aveva la capacità di tirar fuori, come da una scatola magica, tutto il  necessario: materassi per infermi, sedie a rotelle, medicinali costosi che tanti non potevano permettersi. Sapeva dove andare, a quali porte bussare, a chi chiedere, aveva la bacchetta magica. Era conosciuto e apprezzato da luminari del campo medico, lo stimavano i medici di famiglia, aveva le porte aperte in tanti ospedali, sapeva come muoversi, in una corsa incessante contro il tempo, contro la nostra burocrazia soffocante, nell’anelito di fare, agire, curare, salvare e rendere accettabili tante sofferenze dei mali più duri.

Tante persone vedevano in lui se non un santo, certamente l’immagine evangelica del Buon Samaritano. Figli di fratello e sorella, quindi cugini “carnali”, Peppino aveva per me sempre un sorriso e modi affettuosi, mutuati da una famiglia di gente umile e laboriosa. Quante volte una telefonata a Peppino è servita a togliermi dall’imbarazzo e dal disorientamento per circostanze nuove e di sofferenza. Era sempre disponibile verso tutti, pronto per familiari e congiunti, zii e zie, e anche per le persone che si ricordavano di lui solo nel momento della necessità.

Ora che Peppino ‘o Pellicano non c’è più, lascia un grande vuoto dentro e fuori di noi, con la speranza che la sua creatura possa continuare per tanti e tanti anni ancora la sua missione, che resta preziosa e insostituibile. Oggi il Pellicano è organizzato in cooperativa e conta principalmente sul volontariato di venti-venticinque persone. Assiste circa centocinquanta anziani e fornisce anche l’assistenza domiciliare a chi ne ha bisogno. Sono certo che Peppino continua a dirigere Il Pellicano dal paradiso, con lo stesso amore che ha profuso durante il suo tempo tra noi, quell’amore che ha lavato tutte le miserie umane che ognuno di noi si porta dentro e che lo ha certamente ammesso nel Regno dei Giusti.