La pecorella, il Carnevale e la profezia

Ciro Ferrigno in ‘50 Anni di gite’ racconta quella fatta a Satriano di Lucania e di quel belare della piccola pecora che gli ‘predisse’ che sarebbe passato dal semplice rispetto, all’amore infinito per il mondo animale e questo ricordo è per Fiore che compie due anni

Foto tratta dalla pagina di Facebook di Ciro Ferrigno

(Fonte Ciro Ferrigno – 50 Anni di gite)

Il 5 febbraio 2008, martedì grasso, andammo in gita a Satriano di Lucania, per assistere ad un antichissimo rito arboreo, con il quale il paese festeggia il Carnevale. Satriano è un borgo molto interessante e offre scorci caratteristici oltre alla chiesa Madre e al Museo della Civiltà Contadina. Ci sono palazzi ricoperti di murales, se ne contano più di quattrocento in tutto il paese.

L’evento di principale richiamo di questo luogo è proprio il Carnevale, considerato uno degli ultimi riti arborei sopravvissuti nella loro integrità e prevede la presenza di maschere ricche di simbolismi. Questa singolare manifestazione, comprende anche la sfilata di carri allegorici per le vie e le piazze del paese e viene chiamata “Il Romita e l’Orso”. Il Romita o Eremita, che è ricoperto di tralci di edera, raffigura il satrianese rimasto in paese, sfidando povertà e miseria. L’Orso è l’emigrante che ha fatto fortuna all’estero e torna rivestito di pelli pregiate, ma è tenuto a distanza dai suoi paesani, come uno sconosciuto. Un’altra maschera importante è la Quaresima, che ha il compito di portar via, in una culla in equilibrio sulla testa, il Carnevale ormai finito. Ancora un simbolo, perché quando i contadini si allontanavano per raggiungere i campi, allo stesso modo, si portavano dietro i bambini. Le maschere girano per il paese raccogliendo doni, in particolare pane e vino. Già all’alba della domenica di Carnevale un personaggio rivestito di edera, detto Rumite, gira per la questua con un compagno e ha un bastone, al quale sono legati rametti di pungitopo o di ginestra, che utilizza per bussare ai portoni.

Foto tratta dalla pagina di Facebook di Ciro Ferrigno

Bello e significativo il rito, ma io ricordo quella giornata per un motivo che, nonostante gli anni passati, non sfuma nella mente. In mattinata, prima di raggiungere il paese, decidemmo di andare alla Torre normanna che, per la sua mole e per l’altezza, domina il paesaggio, da una vastissima spianata verde. La torre, che è visibile a chilometri di distanza, risale al XII secolo, accanto si trovano i ruderi di mura e di un’antica basilica. Poco distante c’era una grande stalla rustica e nei pressi alcuni pastori intenti alle loro occupazioni; chiedemmo il permesso ed entrammo, attratti da un recinto pieno di agnellini, nati da pochissimi giorni. Erano una meraviglia, facevano una tenerezza immensa e avevano la lana candida come la neve. Quando ci avvicinammo una pecorella mi venne vicino e cominciò a “parlare”, belava come per farmi un discorso, dirmi qualcosa e io l’ascoltavo con attenzione; faceva delle pause e poi riprendeva; mi chiedevo cosa volesse dirmi, perché aveva scelto proprio me. Le tendevo la mano, la sfioravo con una carezza e mai immaginavo che per capire cosa volesse dirmi ci avrei messo anni e anni, fino ad acquisire il senno del poi.

Era il 5 febbraio e solo pochi giorni dopo, sarebbe venuta al mondo la cagnetta Sofì che, dopo pochi mesi sarebbe entrata con prepotenza nella mia vita, cambiandola radicalmente. Dopo Sofì, la piccola e timorosa Fiore. Quella pecorella aveva il dono della profezia, come tutte le anime candide per le quali il futuro non ha ombre e misteri. Voleva dirmi che sarei passato dal semplice rispetto, all’amore infinito per il mondo animale, inseguendo quell’armonia possibile con le altre creature. Ci tento ancora ogni giorno, è difficile, ma bisogna sempre provare, lo chiede l’Agnello di Dio, il Buon Pastore.

(Fonte Ciro Ferrigno – 50 Anni di gite) Per Fiore che oggi compie due anni!