Le Benedettine di Palma di Montechiaro ed i dolci siciliani prodotti nel Monastero

Ciro Ferrigno narra ne i ‘50 Anni di gite’ quella che fece in Sicilia per la Sagra del Mandorlo in Fiore, con gli alberi vestono in maniera indescrivibile la Valle di Templi

Foto tratta dalla pagina di Facebook di Ciro Ferrigno

Nel mese di febbraio del 2014 andammo in Sicilia, ad Agrigento, per la Sagra del Mandorlo in Fiore. Gli alberi vestono in maniera indescrivibile la Valle di Templi e non basterebbe un libro intero per narrare la bellezza che scaturisce dall’insieme degli antichi templi con il tripudio dei mandorli in fiore. Si sa che la primavera in Sicilia arriva prima e in quei giorni, dovunque ti giravi, vedevi l’esuberanza di una terra generosa che si risveglia al tocco magico del primo sole.

Oltre ad Agrigento, girammo e vedemmo tantissimo: Calascibetta, Favara, Licata, Campobello di Licata, Canicattì, Caos e la Scala dei Turchi, ma la tappa che ricordo in modo particolare, fu quella a Palma di Montechiaro, conosciuta pure come la città del Gattopardo.

Ci arrivammo quando il sole cominciava a declinare e i raggi indoravano letteralmente i palazzi antichi e le chiese, costruiti con il tufo giallo. Era un sole color arancione con riflessi dorati, che rendeva magico tutto l’ambiente. Ci fermammo con il pullman a breve distanza dal centro storico e facemmo l’irta salita dello scalone che sale al Duomo. Ma dopo quello che avevamo saputo, alcuni di noi stavamo in fermento. Dal Duomo scendemmo di nuovo al Corso e raggiungemmo il Monastero Benedettino; visitammo la chiesa seicentesca stupenda nella veste tipica del barocco siciliano e ricordo in particolare un massiccio e solenne Crocifisso. Dopo la visita, Virginia Aversa, Sara Ciocio ed io scappammo in tutta fretta per realizzare il proposito che avevamo in animo.

Foto tratta dalla pagina di Facebook di Ciro Ferrigno

Il grande portone del Monastero di clausura era socchiuso, ci intrufolammo, facendolo stridere e salimmo al primo piano. Nella sala d’aspetto c’erano delle grosse grate di legno massiccio e tra di esse almeno due ruote, quelle degli esposti, dove un tempo le madri lasciavano i neonati che non avrebbero potuto allevare. Era un ambiente severo, triste, pensando ai trovatelli e a quante donne avevano lasciato la vita, per chiudersi nella clausura più rigida. Quel parlatorio, fatto ombroso dall’avvicinarsi della sera, era stato e lo è tutt’ora, l’unico punto di contatto tra il mondo e quelle donne che avevano scelto di vivere segregate.

Tutti e tre ci guardavamo negli occhi, avevamo un senso di smarrimento e, tuttavia, decidemmo di suonare il campanello. Sentimmo il suono diffondersi all’interno, negli ampi spazi del corridoio e sembrava aver fatto un sacrilegio il rompere quel silenzio tombale. Alcuni interminabili minuti di attesa e finalmente, indovinammo dietro la grata la figura di una suora; fu per noi un sospiro di sollievo. Fu Virginia a prendere la parola: “Madre, abbiamo saputo… siamo in tre, per favore…” La Suora fece un cenno di assenso col capo, poi disse con una voce che sembrava provenire dall’oltretomba: “Datemi solo cinque minuti e torno… attendete per favore…” I passi della sorella riempivano il silenzio e quel corridoio sembrava interminabile.

Foto tratta dalla pagina di Facebook di Ciro Ferrigno

L’incedere ricordava il battito di un orologio eppure in quell’ambiente il tempo non esisteva, sembrava fermo, rapido eppure eterno. Dissi: “Speriamo che non ci faccia aspettare molto, gli altri ci staranno cercando, non ci vedono più!” Capivo che l’essere fuggiti via era stata una leggerezza, ma che non avremmo potuto rinunziare a… Dopo alcuni lunghi, eterni minuti la sorella tornò e fece passare dentro la ruota degli esposti tre vassoi chiusi in una carta rosa, pieni di ogni ben di Dio, i dolci siciliani prodotti nel Monastero! Dolci alla pasta di mandorla, biscotti ricci, ricciarelli, muccuneddi, paste nuove, pasta reale col cedro, torrone morbido con mandorle e pistacchio.…. Il profumo era inebriante e vedevo racchiusi dentro quella confezione tutti i fiori visti nella Valle dei Templi. Ogni vassoio solo dieci euro; poggiammo i trenta dentro la ruota e lasciammo la sorella con un saluto frettoloso. Nelle nostre mani quegli involucri preziosi, profumavano di paradiso!

(Fonte Ciro Ferrigno – 50 Anni di gite)