Due potenziali coalizioni, entrambe “obbligate”, tattiche, inadeguate, tra limiti, contrasti sotterranei, contraddizioni e minestre riscaldate
di Raffaele Lauro (*)
- Pur rinnovando l’auspicio, piu volte enunciato, che l’equilibrio politico-istituzionale, garantito finora da Mattarella e da Draghi, possa essere reiterato fino alla fine della legislatura (primavera 2023) con il “sacrificio” personale di una rielezione del primo, rimanendo in carica per almeno un biennio (precedente Napolitano!) e la conferma del secondo alla guida del governo, in modo che riesca a varare le indispensabili riforme strutturali, collegate al Recovery Plan e alla ripresa economica, non si può escludere, a priori, che l’elezione di un nuovo capo dello Stato (ad oggi un soggetto misterioso!), magari dopo estenuanti votazioni, rompa quell’equilibrio, travolga il governo e porti, entro la primavera 2022, ad elezioni politiche anticipate, con uno scontro elettorale, ancora più sanguinoso e devastante del precedente (2018), indotto anche da un’accesa competizione per la ristretta rappresentanza parlamentare. Gli imprevedibili risultati elettorali delle prossime amministrative di autunno, che coinvolgono regioni, la capitale e cittá strategiche, come Milano, Torino e Napoli, inoltre, a causa dei contrasti emersi fin dalle candidature e nell’attuale confronto elettorale, tra i potenziali alleati delle future coalizioni (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, da un lato; Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, dall’altro, più i rispettivi aggregati minori) lasciano presagire ulteriori contrasti post risultati, che, invece di attenuare le tensioni, potrebbero spingere i contendenti a scaricarle sulle elezioni per il Quirinale, determinando, di conseguenza, in primavera, lo show down elettorale generale.
- Non appare, quindi, intempestivo, tutt’altro, il dibattito che sta emergendo, tra autorevoli commentatori, sull’assetto, presente e futuro, delle due potenziali coalizioni, che dovrebbero misurarsi, entro nove mesi, per chiedere ad un corpo elettorale, flagellato dalla crisi, sanitaria ed economica, psicologicamente stremato e deluso dalla nostra classe dirigente, il mandato a governare il paese per il dopo pandemia, con tutto il carico micidiale di problemi sul tappeto, sia a livello nazionale che internazionale, sia in politica interna che estera. Va premesso che, allo stato, a causa della legge elettorale vigente e del taglio dei parlamentari, le due coalizioni sono “obbligate”, tattiche, non frutto di una libera scelta, nonché di convergenze ideali e programmatiche consolidate. Ciò lascia presagire una lotta all’ultimo sangue per le candidature nei collegi sicuri e programmi annacquati, frutto di compromessi e condizionati, sui territori, dai “signori del voto” e da interessi, illegali e criminali. Certamente mancano del tutto, allo stato, visioni prospettiche e progettualitá, persino “sogni”, all’altezza delle sfide dell’immediato presente e del complesso futuro, in grado di ripristinare un rapporto fiduciario tra cittadino e istituzioni, tra elettore e mondo politico. Per cui, risulta ipotizzabile, fin da ora, un astensionismo record e un voto di protesta verso i partiti che scenderanno in campo, con ulteriori disgregazioni delle rappresentanze, pregiudizievoli a stabili maggioranze parlamentari. Di fatti, il pericolo di una nuova ingovernabilità e di un’involuzione democratica!3. Le singole componenti delle due potenziali coalizioni, infatti, persino al loro interno, manifestano, quotidianamente: contrasti sotterranei per le future leadership; posizioni divergenti e inconciliabili sulla politica estera, anche di fronte a scenari drammatici di crisi, come quella afghana e la rottura degli equilibri geopolitici mondiali; contraddizioni e conflitti su tutti i provvedimenti del governo pro tempore, riguardanti riforme vitali per la ricrescita del nostro paese. Si conferma, quindi, una sostanziale inadeguatezza del ceto politico, fatta di limiti culturali, costitutivi e formativi, retaggio anche di dannose ereditá del passato, risalenti alla prima e alla seconda repubblica. Tali conclamati limiti impediscono, al presente, di immaginare che le due ipotizzate coalizioni possano confrontarsi, civilmente, su programmi, concreti e fattibili, riguardanti: la ricostruzione politica, morale, civile e materiale del nostro paese; la riforma della costituzione e dell’articolazione istituzionale, tra Stato e Regioni, che ha rivelato pericolose fratture; la tutela e la salvaguardia delle libertà individuali e dei diritti costituzionali dei cittadini; la lotta alla criminalità organizzata, caduta nel dimenticatoio, tuttora sotterranea e imperante. Al contrario, affiorano fantasmi del passato, sconfitti dalla Storia (rigurgiti neofascisti, populismi anticasta, aspirazioni censorie di rapper e minestre riscaldate, vecchi specchietti per le allodole, come le cosiddette “rivoluzioni”, popolari o liberali). Purtroppo l’unica rivoluzione che servirebbe, una “rivoluzione veramente democratica”, attesa da decenni, rischia di rimanere confinata, anche nella prossima legislatura repubblicana, nell’irrealtá.
(*) Segretario Generale di Unimpresa