Confapi, Campania: serve «grosse koalition» sindacati-imprese

Il presidente Falco: Agenzia per il Sud contro burocrazia che frena sviluppo

 

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Napoli – «Tangentopoli ha buttato via il bambino con l’acqua sporca e ha creato i presupposti per questa politica delle terze e quarte linee abbassando a favore dei burocrati l’incidenza sullo sviluppo economico del Paese. Classe sociale, questa, che sviluppo non crea poiché si nasconde dietro la responsabilità per non essere efficiente o addirittura guadagnarne in posizione contrattuale nei rapporti con il richiedente o promotore delle attività imprenditoriali; e quindi non eliminando, ma addirittura alimentando il rischio corruttivo».

Lo ha detto Gianpiero Falco, presidente Confapi Napoli.

«In questi ultimi giorni opinionisti come Angelo Panebianco e lo stesso presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, hanno posto l’accento sulla necessità di una più ampia concertazione politica per rilanciare le politiche economiche del Paese. Tesi che, personalmente, sostengo da mesi. Chi deve intervenire, però, per proporre e formulare proposte siamo noi associazioni datoriali e i sindacati dei lavoratori, tutti uniti contro un nemico comune: la burocrazia latino-americana che il dipietrismo ha portato in auge qui nel nostro Paese – prosegue Falco –. Siamo in una situazione di “grande coalizione” sociale poiché solo unendo l’interesse dei lavoratori e delle imprese si fa massa critica per le riforme strutturali».

«È utile, anzi si deve lavorare per unire le forze sindacali Cgil, Cisl, Uil a quelle datoriali, Confindustria, Confapi, Confcommercio, Lega Cooperative, Compagnie delle Opere…, con un progetto unico di riforma condiviso dal basso e proposto a chi politicamente ci sta. Ma come? E qui c’è la proposta che da tempo – aggiunge il presidente Confapi Napoli – sto portando avanti: convochiamo un incontro, prima territoriale e poi a livello nazionale, che punti a centralizzare tutte le necessità territoriali in una Agenzia per lo sviluppo del Sud e che si occupi di progettazione delle opere, di finanziamenti e soprattutto della compatibilità amministrativa delle scelte che la politica deve e può fare».

«Noi dobbiamo combattere per questo Organismo che migliori il livello di progettazione, di esecuzione e soprattutto di certezza qualitativa dell’opera. Se nessuno ascolterà queste istanze drammatiche dei nostri territori, noi andremo avanti comunque dettagliando il nostro modello. Con fermezza e determinazione. Perché – conclude – il livello delle stazioni appaltanti e progettuali di quasi tutti i Comuni è irrilevante rispetto alle necessità dei propri territori. Riconoscerlo è il primo passo per risolvere il problema».