Il grande mito Maradona ora è eterno

È morto all’età di 60 anni per un arresto cardiaco nella sua Argentina questo mercoledì, ‘el hombre’ che quella Napoli che ha sempre adorato.

 

Redazione – Il grande mito del calcio Maradona ora è eterno.

È morto all’età di 60 anni per un arresto cardiaco nella sua Argentina questo mercoledì, ‘el hombre’ che quella Napoli che ha sempre adorato.

Come riferisce sul suo sito Clarin: “Il fuoriclasse mondiale del calcio, Diego Armando Maradona , è morto questo mercoledì dopo aver subito un arresto cardiorespiratorio nel quartiere di San Andrés, nella festa di Buenos Aires del Tigre, dove si era stabilito giorni fa dopo l’operazione alla testa a cui era stato sottoposto. Il 30 ottobre aveva compiuto 60 anni”.

È volato un cielo la ‘Mano de Dios’, quella mano che mise acrobaticamente ko l’Inghilterra nel mondiale 1986, diceva Michel Platini, uno che lo ha affrontato e l’ha sfidato tante volte e di sicuro ha un’alta considerazione di se stesso: “Quel che io faccio con un pallone Maradona lo fa con un’arancia”.

Un uomo populista, peronista, castrista, era un seguace di Che Guevara, anima di Buenos Aires e cuore di Napoli. El pibe de oro è stato questo e tanto altro, impossibile in poche righe inquadrare uno dei pochi miti veri, raccontato in libri, film, serie tv e rotocalchi. Mito in vita, mentre da Che Guevara a James Dean, altri sono morti giovani, diventando dopo personaggi letterari.

Nella sua vita non ha avuto paura di nessuno, senza aver mai paura della folla, della sua gente, che a volte lo travolgeva, è stato quell’unico che resterà tale in tutti i tempi, idolo di tutti quegli sportivi, che gli andavano contro o a favore,  che nessuno mai dimenticherà, soprattutto i molti giovani che ne seguivano, ne seguono e seguiranno, le gesta.

Uno che il pallone lo faceva cantare con i suoi movimenti, le sue acrobazie che lasciavano di stucco gli avversari, il suo inventare i cosiddetti gol della domenica, come fece contro la Lazio, e rimani affascinato guardando quelle magie e quella gioia, perfettamente scandita da “Live is life”.

Lo trovi a giocare su un campo sterrato di Acerra rischiando le gambe per aiutare un bimbo malato, o riscaldarsi a Stoccarda, prima della finale vinta di Coppa Uefa, palleggiando con un bimbo. Uno che è caduto negli inferi ma si è sempre rialzato con dignità ed ha messo insieme idealmente tutti i suoi figli, facendo in modo che diventassero fratelli. Dalma e Gianinna, con Diego Fernando, Jana ed il napoletano Diego jr. Diverse le madri, diverso il carattere, unico l’amore per un padre perdonato ed amato. Perché a loro ha saputo chiedere scusa per la vita spericolata.

Con quella ‘Mano de Dios’ che mise ko l’Inghilterra nel Mondiale del 1986, fu come un gesto di rivalsa e la simbologia di una guerra all’Inghilterra, per le Malvinas. Lì l’uomo diventa eroe per l’eternità, sublimando un’Argentina che vive un momento fra i più alti della sua storia.

Dall’Argentinos Junior e dal Boca Junior, passando per Barcellona,  arriva al Napoli il 5 luglio 1984, e con la ‘camiseta’ azzurra ha vinto due campionati, 1984/85 ed 1989/90, ed una Coppa Uefa.

Una simbiosi con la città di Napoli, che nessuna città si è mai identificata tanto con Diego, somigliandosi in tutte le contraddizioni. Famiglia ed amanti. Bellezza e spreco. Amore e droga. Sullo sfondo il riscatto per gli ultimi, la lotta contro i padroni, del calcio e non solo. Il no alla Juve. Diego ha vissuto la città sino in fondo, scendendo negli inferi, nelle zone più buie. Ma regalando il periodo più solare.

Ricordava vedendo da Posillipo il panorama della città partenopea: “A Napoli ho passato sette anni, ma nel mio cuore contano il triplo per il legame che ho con quella splendida gente”. Quella gente che lo ha amato nella sue stagioni azzurre, specialmente quando giocava al ‘San Paolo’ con gli 80mila e più, che lo amerà anche in futuro.

Oggi c’è una generazione di Diego Armando, ormai ultratrentenne, che potrà tramandare quelle gesta, che vivono in ogni angolo della città.

Il mito ricordato da un murale ad un altarino. Perché a Napoli e non solo è stato anche per una generazione unità di misura. Se facevi qualcosa di straordinario nella tua vita eri “a livello Maradona”. Se la sparavi grossa subito ti rispondevano: “E chi ti credi di essere? Maradona?”.

GiSpa