Il decreto di Mons Filippo Anastasio e la scomunica a donna ed uomo

Ciro Ferrigno ne ‘Il racconto del lunedì’ narra che entrambi si rivolgevano, nel 1722, liberamente la parola, come fosse in fatto normale, ed allora i parroci fecero intervenire l’Arcivescovo di Sorrento perché ciò fosse avvenuto sarebbero stati scomunicati

Nessuna descrizione della foto disponibile.
Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

Giusto trecento anni fa, l’Arcivescovo di Sorrento emanò un singolare decreto, che ci permette di capire come vivevano i nostri progenitori a quel tempo, qual era lo stile di vita e come gli anni passati abbiano modificato radicalmente il modo di essere. Se Monsignore potesse tornare in vita e girarsi intorno, morirebbe la seconda volta, ma di crepacuore, in poche ore. Il fatto è questo: in data 20 marzo 1722 Mons. Filippo Anastasio, si vide costretto a emanare un decreto contro “la pratica e conversatione di uomini et femine, sotto pretesto o promessa di matrimonio” cioè, sia a Sorrento che nei vari terzieri del Piano, uomini e donne si rivolgevano la parola liberamente, come fosse un fatto normale, come fosse eticamente corretto! Gli uomini rivolgevano la parola alle donne, così come le donne agli uomini. Tutti quelli che venivano colti in fragranza di reato, e redarguiti da un sacerdote, ricorrevano all’unica giustificazione plausibile, dicendo che la conversazione aveva per oggetto una promessa di matrimonio. Furono i parroci a sollecitare Monsignore perché intervenisse. Il comportamento del popolo era diventato talmente depravato che essi stessi non sapevano più a quale santo rivolgersi. Naturalmente proprio la promiscuità, la sfacciataggine, l’impudenza era motivo di grande dispiacere per tutti i sacerdoti, i quali, avendo constatato la propria impotenza, dinanzi al dilagare di quella disgustosa pratica, erano giunti alla cattedra vescovile ad implorare l’intervento del Sommo Sacerdote. E il decreto arrivò e fu da brividi, anche se scritto con “gran dolore”. Sentenziava Monsignore: “Proibiamo tali conversazioni sotto pena di scomunica maggiore da non potersi togliere da alcun confessore.” Quindi se un uomo rivolgeva la parola ad una donna, poteva essere soggetto a scomunica eterna, come pure una donna che rivolgesse la parola ad un uomo!

Non sappiamo se il decreto ebbe pratica attuazione e se furono scomunicate molte persone. Forse bastava non chiacchierare in pubblico, ma al riparo da occhi indiscreti, meglio di notte che di giorno, con sussurri e non parole, ammiccamenti e non il parlottare, usando il linguaggio degli occhi e non la lingua. Forse, i cittadini chiusi nella cerchia delle mura, avranno obbedito con maggiore facilità, ma gli abitanti del Piano, dediti alla navigazione, avranno riso a lungo di un decreto del genere, abituati al commercio, al contatto con altri popoli, a misurare il grado di civiltà di grandi città aperte sul mare piene di vita, di intraprendenza, ricchezza, nobildonne, popolane e prostitute. D’altra parte, la minaccia di scomunica contro un diritto naturale, un qualcosa di ovvio, non poteva che segnare un ulteriore distacco tra la mentalità obsoleta della Chiesa locale ed il cammino di civiltà di un popolo che, proprio nel Secolo dei Lumi, avrebbe conquistato traguardi ambiziosi. Il Piano con i cantieri navali, l’industria della seta ed il commercio degli agrumi e Sorrento con la sua progressiva apertura al turismo internazionale, iniziato con il Gran Tour. Mons. Anastasio, Arcivescovo di Sorrento dal 1699 al 1724 ed il clero locale, furono gli ultimi paladini di un mondo antiquato, destinato a subire modificazioni profonde dopo la Rivoluzione Francese, quella Napoletana del ’99, la rivalutazione della Cultura e l’inizio del movimento turistico che, poco alla volta, avrebbe assunto dimensioni planetarie.