Ciro Ferrigno ne ‘il racconto del lunedì’ parla sia di esso, di un giro di tombola dove stava per accadere il putiferio e gli anni Sessanta che erano semplici nel festeggiare la festa che commemora la nascita di Gesù
In anni recenti i ladri hanno portato via dall’Oratorio di San Nicola un bel presepe contenuto in uno scarabattolo di legno e vetro. Conteneva la Sacra Famiglia, col bue e l’asinello, degli angeli in volo e delle pecorelle. Sicuramente non era del Settecento napoletano, ma certo di buona fattura e depositario di ricordi per generazioni di alunni dell’Oratorio.
Tutto l’anno era conservato sopra un mezzanino posizionato in alto, tra la cappella e le salette interne e la presa di quello scarabattolo costituiva un passo decisivo in avanti, nell’arrivo del Natale. Non pesava tanto, ma c’era bisogno di giovani robusti e forti che sapessero maneggiare con cura e delicatezza l’ingombrante manufatto; bilanciarlo con attenzione, portarlo giù con cautela per poi poggiarlo accanto all’altare, su un tavolino posto sul lato sinistro. Don Antonino dava il via all’operazione intorno alla metà di dicembre, dopo la festa dell’Immacolata, in tempo per dare inizio alla Novena di Natale che inizia il 16 dicembre.
Lasciati alle spalle la festa di Santa Cecilia, San Nicola e l’Immacolata, si entrava di fatto nel periodo natalizio e noi del coro dei Pueri Cantores iniziavamo le prove dei canti. Bisognava ripetere Astro del Ciel, In notte placida, Resonet in laudibus ed altre melodie, in genere ninnananne a tempo di barcarola, alcune bellissime. La presenza dei ragazzi era concentrata nelle salette interne, raramente si usciva fuori nel campetto perché faceva freddo, spesso pioveva e si passava il tempo al pingpong, al calciobalilla e solo raramente qualcuno, tra i più grandi, chiedeva di utilizzare il biliardo. Molto spesso quella grande tavola con il tappeto verde serviva per poggiarvi sopra le cartelle, quando decidevamo di giocare a tombola.
Ricordo una volta che, proprio durante una tombolata, per poco non sfiorammo la tragedia. Eravamo in tanti, la saletta era strapiena e sedevano con noi anche don Antonino ed il severo don Alfredo; io chiamavo i numeri ad alta voce e, quando ad un certo punto uscì il ventuno, un ragazzino incosciente gridò: ‘a femmena annura! Apriti cielo! Don Alfredo si alzò di scatto, come punto da una tarantola o colpito da una scarica elettrica, rosso in viso, le labbra livide, pronto ad esplodere. Intorno un silenzio glaciale. Prevenni con prontezza di riflessi la tragedia che stava per scatenarsi su tutti noi, chiamai subito un altro numero e gridai: i panni per vestirla! Fu una risata generale che disinnescò prontamente e definitivamente lo scoppio di una bomba.
A San Nicola, in quegli anni Sessanta il Natale era semplice, genuino e ogni cosa ruotava intorno al grande evento della nascita di Gesù Bambino. In realtà tutto il paese accoglieva la festa senza troppi fronzoli e ghirigori: poche luminarie e già era tanto trovare in piazza le lampadine d’un colore caldo, di due stelle comete. Erano di rito cenoni e tombolate, la visita ai presepi e le funzioni in chiesa; per televisione poca pubblicità e programmi decorosi come Canzonissima, in un Paese che viveva il miracolo economico senza stravolgere il suo stile di vita, allegro ma morigerato.
Spero solo che chi ha rubato quel presepe prima o poi capisca che ha commesso un grave sacrilegio, sottraendo ad una chiesa un oggetto di culto, depositario di tanti ricordi di generazioni di ragazzi e giovani. E che capisca pure che i pochi soldi guadagnati vendendolo, non serviranno a far sparire l’anatema che si porta dentro. Da noi si dice: ‘A robba arrubbata nun fa maje bene!