Travagliata duplice storia ne “Il canto del castrato”

Giovanna Mozzillo a Piano di Sorrento parla di Ippolita e Lucrezia, madre e figlia, appartenenti ad una nobile famiglia della Napoli vicereale

 

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Foto tratta dal diario di Facebook di Giovanna Mozzillo

Piano di Sorrento – Giovanna Mozzillo parla di una duplice storia travagliata ne “Il canto del castrato”, alla libreria Mondadori di Piano di Sorrento.

Il 30 gennaio alle ore 18.00, nell’ambito di “Un autore in libreria”, illustrerà con l’ausilio di Marilù Ruggiero, e davanti agli studenti del Liceo Scientifico Salvemini di Sorrento, di Ippolita e Lucrezia, madre e figlia, appartenenti ad una nobile famiglia della Napoli vicereale.

Di una storia di una duplice travagliata conquista di consapevolezza. La ribellione ed il riscatto a cui riusciranno ad approdare costeranno ad entrambe un prezzo altissimo, ma consentiranno l’esperienza di una piena e insospettata felicità, resa più esaltante dalla scoperta che voler essere padrone di se stesse costituisce non un peccato ma un diritto. A pilotarle nel non facile processo di liberazione dai condizionamenti cui soggiacciono è ovviamente l’amore. Un amore, in ambo i casi, giudicato inaccettabile dalle convinzioni, dalle convenzioni e dalle “repulsioni” dell’epoca. Perché la madre scopre di amare, riamata, il precettore della prole (un sacerdote che stenta a riconoscersi nei valori della chiesa romana ed è stato conquistato dalla dottrina di Giordano Bruno), mentre la figlia si arrende alla passione di un giovane e celebrato “canterino”, per la sua arte invitato nei palazzi e nelle corti di tutta Europa, ma di umilissime origini e, soprattutto, “castrato”. Sullo sfondo, la Napoli barocca con i suoi riti, le sue perverse certezze e le sue fatali ossessioni, il borgo montano dove i protagonisti cercano scampo quando in città esplode la peste. Il fascino della vicenda è potenziato dall’uso di un linguaggio che, nel riflettere i ritmi della sensibilità e della comunicatività di allora, risulta sempre vivido e trainante e sa trasmettere a pieno i brividi e l’arcana suggestione di un’epoca inquietante e meravigliosa.

La scrittrice partenopea ha due figlie adulte e due nipoti adolescenti. Si è laureata in lettere classiche, ma poi, essendo stata travolta dal vento del ’68 ed avendo (a torto) maturato la convinzione che, come professoressa di latino e greco (lavoravo al ginnasio), le fosse impossibile “attualizzare” adeguatamente le sue lezioni, ad un certo punto ha chiesto il trasferimento in un istituto tecnico di frontiera dove fino alla pensione ha insegnato italiano e storia. Tutto sommato, si è trattato di una bella esperienza sia perché con gli studenti ha sempre avuto un rapporto stimolante di dialogo e confronto sia perché le è stato possibile far attivamente politica scolastica, organizzando dibattiti, concerti, cineforum.
Ama il mare, il cinema, il teatro, i fumetti, le arti figurative, è laica, relativista, appassionatamente europeista, ambientalista senza fanatismi, un po’ animalista, e forse pure animista, perché non esclude che piante ed oggetti abbiano un’identità ed una consapevolezza di sé.
A scrivere ha iniziato tardi ma in risposta ad un’esigenza che da sempre si portavo dentro: quella di catturare la realtà, di possederla, di appropriarsela, di penetrarla con le parole. Infatti è innamorata realtà. Ne è innamorata perché le sembra di percepirne a pieno potenzialità d’emozione e componente magica. Non è un’autrice minimalista: ama costruire una trama con imprevisti e colpi di scena ed affiancare ai protagonisti personaggi secondari e comparse.

GiSpa