Volti e nomi della Marina di Cassano

Ciro Ferrigno  ne ‘Il racconto del lunedì’ afferma che nell’ambito della comunità carottese un posto a sé stante spetta alla marina per la presenza di tutte quelle caratteristiche che la rendono un mondo a parte, con una forte identità

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Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

Nell’ambito della comunità carottese un posto a sé stante spetta alla Marina di Cassano per la presenza di tutte quelle caratteristiche che la rendono un mondo a parte, con una forte identità. È vero che in tanti per matrimonio, lavoro e opportunità lavorative si sono trasferiti altrove, ma senza rinunziare a quel sentimento di appartenenza che rimane vivo, pronto a manifestarsi alla prima occasione.

Naturalmente oltre al legame ancestrale con il mare, l’identità più forte si manifesta con l’amore per la Madonna delle Grazie che è festeggiata nel mese di luglio con la processione per le vie del paese e per mare, la cui notorietà ha travalicato gli stretti confini territoriali ed è oggi a livello nazionale grazie ad articoli su riviste famose e trasmissioni televisive. La Madonna delle Grazie è il maggior punto di riferimento per la piccola comunità e, per dirla con Freud, è il totem intorno al quale danza il clan in un momento di gioia collettiva.

La storia della Marina di Cassano è antica e gloriosa e, con Alimuri, ha sempre rappresentato quell’anello di congiunzione tra il sopra e il sotto, tra i paesi collocati in alto ed il mare, in ogni tempo fonte di vita per la popolazione. Senza voler andare troppo lontano nel tempo, basterebbe citare i cantieri navali che furono il fiore all’occhiello del Regno di Napoli, le scuole nautiche, aperte in origine proprio alla Marina e la sapiente organizzazione del poco spazio a disposizione, con la creazione dei monazzeri, grossi ambienti scavati nel tufo. Essi ospitavano le officine dei mastri d’ascia o i depositi per la legna necessaria per costruire le navi. Col tramonto dei cantieri, diventarono i luoghi ideali dove conservare le casse di arance e limoni in attesa dell’imbarco. Fino al secondo dopoguerra, Marina di Cassano è stata la testa di ponte dei collegamenti tra la penisola sorrentina e Napoli con varie corse giornaliere, piccole navi a vela prima e a motore dopo, rapide e sicure, puntuali con bello e cattivo tempo, nei giorni di pace e di guerra.

Il popolamento avvenuto in origine con poche famiglie, quindi pochi cognomi, la ripetizione all’infinito degli stessi nomi, quelli dei nonni, della Madonna delle Grazie, degli zii morti in guerra, ha portato nel lungo periodo alla necessità di usare soprannomi che consentissero di capire subito di chi si stesse parlando. Da qui la fioritura di nomi di fantasia che colorano l’universo di Cassano con mille sfumature diverse, colori cangianti come certi tramonti di primavera. Ed ecco Schione e Zaccheo, Paparone, Nanninella ‘a Pazza, ‘o Mpagliasegge, ‘O Ferone, ‘O Vescuvo, ‘O Calascione, Teresina ‘a Tigre, Loletta e Zi’ Ninetta e tanti altri ancora.

La Marina di Cassano è il luogo dove il mare incontra il tufo della costa, è la banchina, è l’insieme dei gozzi e delle cianciole, delle barchette e delle lampare, della tofa e dei cavallucci marini, delle reti e delle nasse, della Madonnina nel gozzo, è il mondo dei pescatori, dove ogni uomo è un universo a parte. Ogni persona nella piccola comunità marinara è un personaggio e ha qualcosa da raccontare, sono storie di guerra, di burrasche e pesche miracolose, di grazie mariane, fantasmi e monacielli, degne di essere narrate dal cantastorie. La scomparsa di qualcuno, giù al vecchio borgo, lascia un vuoto che non si colma mai più. È eterno come il mare.

Le foto sono del Dott. Aniello De Rosa, che ringrazio di cuore.