Campitello Matese, le cadute e la corda

Ciro Ferrigno narra nei ’50 anni di gite’ che oltre a scivolare su una lastra di ghiaccio quando videro la fune era una salvezza ma venne meno, perse la sua tesa e cadero tutti con le gambe per aria

(Fonte Ciro Ferrigno – 50 Anni di gite)

Ricordo che quell’anno l’inverno fu particolarmente rigido, molta pioggia a livello del mare e tanta neve sulle montagne. Era una delle prime gite sulla neve che organizzavo e scelsi Campitello Matese, quindi il massiccio del Matese, ma sul versante molisano. È noto che spesso le terre italiane che guardano l’Adriatico sono investite dalle terribili perturbazioni che arrivano dai Balcani. In quel periodo la statale sorrentina era chiusa, partimmo con il treno delle 5.03 e andammo a Castellammare, dove c’era ad aspettarci il pullman!

Ricordo quella gita per almeno tre motivi, tutti da ridere, che si sono salvati, tra i ricordi più simpatici, dal tempo che passa e fa tabula rasa.

Campitello era sotto una spessa coltre di neve, anche perché si trova ad un’altitudine di tutto rispetto, con i suoi 1450 metri sul livello del mare. Appena giunti, il pullman accostò su di un lato della strada per farci scendere, prima di proseguire per il parcheggio. Scesa la prima persona, scivolò e cadde, anche la seconda, prese lo scivolone e cadde, pure la terza scivolò e solo allora ci rendemmo conto che il pullman si era fermato proprio vicino a una lastra di ghiaccio!

Un’altra disavventura ci capitò un po’ più tardi. Salivamo con gran fatica verso qualcosa che non ricordo e affondavamo nella neve alta coi nostri stivaloni; ci veniva il fiatone per lo sforzo. Ad un certo punto vedemmo poco più in alto, a poca distanza da noi una corda tesa, che si faceva notare per il colore scuro in mezzo alla neve candida: “Se riusciamo a raggiungerla, sarà la nostra salvezza!” gridò qualcuno. Aumentammo gli sforzi, arrivammo alla corda e ci aggrappammo con tutta la forza, ma la maledetta venne meno, perse la sua tesa e cademmo tutti con le gambe per aria, compresa la signorina Sofia Ciampa che era nel nostro gruppo. Ci volle tempo per riprenderci e rialzarci, anche perché ridevamo talmente tanto, che ci veniva meno la forza.

Il terzo episodio ricordevole si verificò dopo pranzo, quando fittammo gli slittini per fare delle piccole e semplici discese in un avvallamento pieno di neve. Una signora del nostro gruppo, dopo averci lungamente osservati, si avvicinò e mi disse: “Professò, si permettete voglio fa’ pur’io nu giro ‘ncopp’o slippino!” Motivo per un’altra sonora risata.

Erano gli inverni veramente freddi della cioccolata calda e del bicchierino di grappa, quando nei vari locali di stile alpino delle nostre montagne c’erano i camini accesi e il profumo della carne sulla brace. Erano gli anni che le domeniche dopo Natale partivano carovane di pullman turistici verso Roccaraso pieni di ragazzi coi cappelli di lana e le sciarpe colorate e non esistevano ancora le settimane bianche. Questa storia è del febbraio 1976.

Le foto sono tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

(Fonte Ciro Ferrigno – 50 Anni di gite)