La Cantata dei Pastori: misto di sacro e profano

I ricordi del tempo che fu di Ciro Ferrigno ne ‘Il racconto del lunedì’

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Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

Erano necessari mesi di prove, per mettere in scena la Cantata dei Pastori e bisognava iniziare già a settembre, con le prime brume, le prime piogge, per mandare a memoria un testo impegnativo, lungo e reso difficile pure da un linguaggio obsoleto, ben lontano dalla comune parlata. Servivano mesi intensi di sacrifici e pazienza per ripetere le parti centinaia e centinaia di volte. Poi occorreva preparare le scene, necessarie per far da cornice alla rappresentazione, leggere, agili, di effetto, pronte ad essere abbassate ed alzate a seconda del momento: il bosco, il fiume, la taverna, il drago e la grotta. Un manipolo di operai era ben addestrato al cambio rapido dei quadri ed agli effetti sonori e luminosi, fino al trionfo finale dove compare la grotta della Natività, in tutto il suo splendore.

La nostra gente ha sempre amato quest’opera teatrale che, nel corso dei secoli, è stata rappresentata, quasi come elemento complementare al Natale stesso e, di volta in volta, per realizzarla, sono stati utilizzati i luoghi più disparati. Si adattavano capannoni, androni, palestre, spazi aziendali, purché atti ad ospitare un palcoscenico anche se rudimentale e una folla di spettatori, gente semplice, pronta a farsi coinvolgere emotivamente nello svolgimento dell’azione scenica. Ricordo una Cantata dei Pastori nell’androne di Villa Lauro al Corso e poi, tante rappresentazioni nei teatri più piccoli come il Tasso ed il Sant’Antonino a Sorrento ed il San Giuseppe a Sant’Agnello con il mitico Fonzi Rossi. Recite programmate in un fitto tabellone, dai giorni precedenti il Natale fino alla fine di gennaio. Poi, in anni recenti, gli adattamenti della Cantata dei Pastori di Roberto De Simone o di Peppe e Concetta Barra, hanno conquistato l’Armida, il Delle Rose, in rappresentazioni che sono passate alla storia.

La mia Compagnia teatrale non ha mai rappresentato l’opera per intero, ma molto spesso solo alcune delle parti più significative, estrapolando delle scene capaci di ricreare quella piacevole atmosfera natalizia. Tra tutte ricordo l’esperienza di teatro living che facemmo a Napoli, su invito dell’Associazione Commerciati dei Colli Aminei. Recitammo brani della Cantata sui marciapiedi, davanti alle vetrine, in mezzo alla folla che entrava ed usciva dai negozi per lo shopping natalizio, la sera del 23 dicembre 1994. In molti si fermavano per ascoltarci, mostravano interesse e simpatia per l’iniziativa. I diavoli, gli angeli, Maria e Giuseppe, i pastori che recitavano nel traffico cittadino, l’antivigilia di Natale, era un qualcosa di nuovo per tanti passanti e per i bambini che si avvicinavano incuriositi. Per noi fu un momento divertente, simpatico, assolutamente nuovo e per questo coinvolgente. Napoli a Natale è un universo di luci e colori, un braciere che emana calore ed il profumo della scorzetta di mandarino che brucia sul fuoco.

La Cantata dei Pastori è un misto di sacro e profano, è la lotta tra il bene ed il male, tra ilarità e commozione, tra il paradossale ed il semplice, tra passato e presente, leggenda e realtà. È lo specchio conforme e preciso della nostra esistenza.

Nelle fotografie il ricordo affettuoso di alcune persone che non ci sono più: Andrea Carrino, Lello Carbone, Franco Amuro, Franco Aiello e Antonino Strino, semprevivi nel cuore…