Quando c’era l’ usanza di “fare il Gloria”

Ciro Ferrigno in “LA NOSTRA STORIA (foto storiche della Penisola Sorrentina e dintorni), parla che sveniva fatta nella notte del Sabato Santo nelle chiese, alla fine della Settimana santa

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Foto tratta dal diario di Facebook di Ciro Ferrigno

L’Alleluja – Tanti anni fa la notte del Sabato Santo, nelle nostre chiese c’era l’usanza di “fare il Gloria”. Era un modo teatrale e visivo per commemorare la Risurrezione di Gesù Cristo.

Sull’altare principale veniva allestito un sipario ed a mezzanotte in punto si apriva, scoprendo la statua del Risorto, tra nuvole d’incenso, suono di campane, ripieni d’organo per il canto del Gloria in Excelsis ed un fragoroso applauso dell’assemblea dei fedeli. In qualche chiesa, invece, si usava collocare la statua su un piano che veniva sollevato con delle leve, portando in alto l’immagine del Cristo con la banderuola, fino all’altezza dell’altare, accompagnando l’azione scenica con rudimentali luci psichedeliche. Penso che in San Michele, a Carotto, questa funzione sia stata conservata almeno fino alla metà degli anni Cinquanta, perché ne ho un ricordo molto vago.

Questa modalità plastica e visiva del trionfo di Cristo sulla morte era molto apprezzata dalle persone semplici di una volta, alle quali era difficile parlare di resurrezione e solo attraverso un’azione fortemente teatrale, si riusciva a destare in ciascuno una partecipazione attenta e commossa. La scena entrò a tal punto nell’immaginario collettivo che il popolino cominciò ad usare l’espressione “Ha fatto gloria” in riferimento a qualcuno che, avendo perso in modo del tutto accidentale un vestito, un indumento, il costume da bagno, avesse mostrato in pubblico, senza volerlo, ma in modo chiaro e plateale, le proprie grazie!

Forse sarebbe stato bello conservare questa antica usanza, come avviene a Sulmona e certamente in tante altre parti d’Italia, come momento culminante e di chiusura di una Settimana Santa che in penisola sorrentina vive di gestualità, simbologia e teatralità. Oggi, invece, la parte da leone del tempo pasquale la fa il Venerdì Santo, mentre la Risurrezione di Cristo che è il cardine del nostro credo, si festeggia solo nella Veglia pasquale. Questa è una cerimonia lunga ed impegnativa, con le letture, l’accensione del fuoco ecc. un po’ dura per l’ora notturna, oppure la festa culmina solo nella ricchezza delle tavole imbandite. Per tanti, per troppi di noi, la Pasqua si conclude la sera del Venerdì Santo, quando si ritira l’ultima processione degli incappucciati, fermandosi al dolore per la morte, senza andare oltre. È difficile immaginare un Uomo che risorge dal sepolcro? Allora, se serve, ripristiniamo l’antica scenografia, il vecchio sipario ecc. In un tempo di morte come il nostro è necessario pensare alla Risurrezione che Cristo ci ha donato pagandola col Suo Sangue. Che dopo il Miserere ci sia il canto dell’Alleluja!